Alessandro Marcello (Icgeb): «Area Science Park sia un riferimento nazionale per sequenziare tutte le varianti»
TRIESTE Dalla variante inglese a quella sudafricana fino all'ultimissima brasiliana, ma né l'Europa né gli Stati Uniti hanno creato una struttura centralizzata di monitoraggio delle mutazioni del virus per analizzarle rapidamente e condividere i dati. Per questo il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri ha proposto "di creare in Italia un tavolo tecnico di esperti che diventi operativo al più presto". Alessandro Marcello Group Leader del Laboratorio di Virologia Molecolare dell'Icgeb di Trieste, che a marzo 2020, in stretta collaborazione con l’Azienda Sanitaria Asugi e Area, ha ottenuto un risultato importante con il sequenziamento del genoma virale isolato tra i primi pazienti italiani di Covid-19, candida il polo scientifico di Trieste come centro di riferimento per il sequenziamento massiccio e sistematico
del virus a livello nazionale: «Ciò permetterebbe di avere una visibilità migliore sull’evoluzione del virus. La variante inglese sta diventando predominante prima in Inghilterra e ora anche in Irlanda e lo stesso potrebbe accadere in Italia. In generale ottenere la sequenza significa leggere la carta di identità del virus: se ci fossero dei focolai di varianti si potrebbe intervenire tempestivamente per rallentarne la trasmissione».
Professor Marcello, il suo gruppo è impegnato dai primi di marzo 2020 nella ricerca sui meccanismi dell’infezione e metodi per la rilevazione dei virus. Ci può raccontare cosa fate nel suo laboratorio?
Da marzo scorso, ovvero da quando ci sono stati i primi casi nella nostra regione, abbiamo istituito una task force tra Asugi che si occupa di diagnostica e ha i campioni clinici, l’Area di ricerca che ha un’attrezzatura per il sequenziamento di nuova generazione e l’Icgeb che si occupa dell’isolamento del virus, della sua caratterizzazione biologica e della ricerca di un farmaco efficace in grado di eliminare il Coronavirus.
Cosa vuol dire sequenziare e isolare un virus?
La sequenza ci dice quali modifiche del genoma virale sono presenti nel virus circolante. Lo scopo dell’isolamento è ottenere la possibilità di studiare il virus in laboratorio, per capire se queste modifiche hanno un effetto sulla capacità del virus di propagarsi, di essere neutralizzato dal sistema immunitario, di reagire agli antivirali. In generale, la sequenza è il primo passaggio di caratterizzazione del SARS-CoV-2.
Cosa è successo in questi mesi?
Abbiamo seguito il virus fin dall’inizio, ci sono state alcune mutazioni che si sono fissate. La prima è stata la D614G che è una mutazione della proteina spike e già a marzo stava diventando prevalente in Europa e nel mondo.
Cosa sta accadendo adesso?
Il virus continua ad evolvere e cominciano ad emergere varianti con caratteristiche abbastanza rilevanti, come la cosiddetta variante inglese o brasiliana o sudafricana.
Variazioni del virus che destano un po’ di preoccupazione…
La variante inglese ha una serie di mutazioni sul genoma alcune delle quali sempre a carico della proteina spike e ha preso molto velocemente la prevalenza in Inghilterra, dimostrando di essere particolarmente contagiosa con un grosso impatto sul sistema sanitario.
E le altre due?
La sudafricana comincia ad essere più preoccupante perché alcune delle mutazioni identificate sono legate al riconoscimento di anticorpi della spike. Lo stesso vale per la variante brasiliana, anche in questo caso ci sono alcune modifiche della spike che la rendono in grado di difendersi dalla risposta immunitaria. Inoltre, in Brasile c’è stato il caso di un individuo che si è infettato con SARS-CoV-2 prima della variante, è guarito, e dopo qualche mese si è infettato di nuovo con la variante. Si tratta di un singolo caso ma che desta un po’ di preoccupazione.
Siamo in fase di vaccinazione: il vaccino ci proteggerà dalle varianti?
Il vaccino è efficace perché diretto contro tutta la proteina virale Spike, anche se parzialmente modificata.
Queste varianti sono già arrivate in italia?
In questo momento ci sono alcuni casi sporadici di variante inglese identificate in Italia. C’è un cluster in Abruzzo e qualche caso a Napoli. In Fvg, dalla fine di dicembre alla prima metà di gennaio, abbiamo immediatamente sequenziato una cinquantina di campioni e non abbiamo trovato circolazione della variante inglese, questo campione rappresentava circa il 2% dei nuovi positivi in regione in quel momento. Questo sforzo deve però proseguire con la stessa intensità.
In Italia si fa poco sequenziamento, perché?
In Inghilterra il sequenziamento è capillare e strutturato a livello nazionale quindi hanno un’idea molto chiara di come la situazione evolve nel Paese. L’Italia, come tanti altri paesi europei, non ha un sistema di sequenziamento centralizzato e strutturato e si affida all’iniziativa dei singoli, come ad esempio è stata la nostra, supportata da Asugi, Area, Icgeb, ma rimane un’iniziativa locale che andrebbe coordinata a livello nazionale
Sareste in grado di contribuire al sequenziamento massiccio a livello nazionale?
L’Area è perfettamente attrezzata e abbiamo il know-how per avere una visione completa di quello che sta succedendo in regione e di contribuire anche su tutto il territorio nazionale. Se ci fossero dei focolai di varianti si potrebbe sicuramente rallentarne la trasmissione agendo con i meccanismi di isolamento e tracciamento che oggi conosciamo. —