foto da Quotidiani locali
«La macchina ferma sul tornante dopo i ripetitori scendendo da Piancavallo. Abbiamo fatto un’altra maratona. Più corta, forse 30 o 40 minuti. O forse 42, come i km della tua “distanza magica”, con il tifo e il sostegno di Paolo, che ci dava il ritmo. Con Simone e gli altri che ti incitavano nel momento più duro. Purtroppo mi hai staccato un’altra volta, non sono riuscito a tenerti. Ti sei involato verso il cielo, in una lunga volata. Voglio pensare che quelle “luci blu” siano state la scorta delle auto che precedono un ultramaratoneta in fuga solitaria. In fuga verso l’infinito, dove la fatica diventa amore».
Gianluca Pagazzi, ingegnere, alpino e ultramaratoneta, ha ricordato così Giacomo Colombera, l’ultramaratoneta 64enne vittima di un malore, che sarebbe risultato fatale, lungo la discesa da Piancavallo. In pensione dopo una vita di lavoro allo stabilimento dei Bibanesi, Colombera, che abitava a Sacile, continuava a dedicarsi alla sua passione, seppure a ritmi necessariamente inferiore a quelli che ne avevano contraddistinto il percorso.
Il destino ha voluto che ci fosse proprio il compagno di tante battaglie podistiche, Pagazzi, al volante dell’auto che seguiva quella di Giacomo. E quando il veicolo di Colombera si è fermato, è stato come lo avesse fatto, per certi versi, il cuore di Gianluca. È stato lui ad accompagnarlo sull’ambulanza e a sperare in un epilogo diverso, in uno dei finali di gara che tante volte avevano visto Giacomo protagonista. Ma il destino aveva deciso diversamente.
Affranti i compagni di squadra dei Podisti Cordenons, dal presidente Dino Donat all’amico Marzio Salvador, che ha voluto salutarlo così: «Vola in alto, nel cielo infinito, con le tue ampie falcate». Commosso anche il ricordo di Antonio Iossa, organizzatore di quel Magraid che più volte Colombera aveva corso: «Ne è sempre stato fondamentale – ha ricordato Iossa –. Ha omaggiato per alcuni anni gli atleti in gara di confezioni di Bibanesi che lasciava loro sulle brande nelle notti trascorse nelle tende al campo base. Ho di lui bellissimi ricordi». —
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