Sbarca anche in Friuli Venezia Giulia la protesta nazionale #ioapro. Ma caffè storici e Fipe prendono le distanze. «Non porta a nulla»
TRIESTE Si chiama #Ioapro ed è la sfida che lanceranno venerdì in tutta Italia centinaia di gestori e proprietari di locali pubblici. Imprenditori disposti a violare provocatoriamente le regole che impongono la chiusura alle 18, rischiando quindi anche pesanti sanzioni, pur di far sentire la voce di una categoria ormai stremata da divieti e limitazioni.
Un grido d’allarme come quello che, a Trieste, si prepara a lanciare il titolare di Celestino Pizza Gourmet di via Diaz. «È necessario riaccendere i riflettori sulle difficoltà che sta attraversando il settore - spiega Edi Bazec - . Non si può restare fermi davanti a tutto ciò che sta succedendo. La nostra sarà una protesta positiva, che non avrà riscontri per gli incassi, ma apparecchieremo i tavoli come se fossimo aperti, poi vedremo cosa accadrà. E se ci multeranno faremo ricorso, perché lavorare è un diritto. Altri - prosegue il ristoratore - l’hanno fatto con successo. Abbiamo già quattro prenotazioni, anche se non so se poi le persone verranno davvero. Forse alla fine la gente avrà paura. Ma cominciamo almeno a dare un segnale».
Sulla stessa linea un altro addetto ai lavori, il titolare del bar “Ciò là” di via Galatti. «Con gli attuali vincoli non si lavora e non si sopravvive - afferma Paolo Stricca -, i clienti non ci saranno, ma siamo comunque pronti a restare aperti».
Sono pochi comunque, almeno alla vigilia, i ristoratori pronti ad esporsi e a dichiarare preventivamente la loro adesione alla protesta. Tanto a Trieste quanto a Gorizia tra i nomi storici della ristorazione prevalgono prudenza e scetticismo sulla reale utilità di provocazioni simili. A Trieste i primi a smarcarsi sono i caffè storici, come il San Marco. «Se tenessi aperto dopo le 18 – dice il titolare Alexandros Delithanassis – andrei incontro al rischio di sanzioni e a magri incassai vista la poca gente in giro e l’assenza di turisti. A cosa servirebbe?». Fortemente contrario anche Matteo Pizzolini, dell’Antico Caffè Torinese. «Una manifestazione che va contro senso civico e buon senso – sottolinea –. Sicuramente se si vuole manifestare bisogna farlo seguendo le regole e non infrangendole. Siamo una delle categorie più bersagliate, così facendo non diventiamo eroi ma martiri, perché forse la gente non lo sa, ma oltre al ristoratore che verrà multato con tanto di possibile chiusura, quelli multati saranno anche i clienti. Quindi io lancerei un nuovo hastag #iononapro». Non sarà della partita nemmeno Manuel Bossi, del Rex e delle due osterie del caffè. «Se l’idea è aprire senza regole, con possibili assembramenti, buttando via tutti i sacrifici fatti finora in termini sanitari, allora dico di no».
Sulla stessa linea anche alcuni gestori di via Torino, come Massimo Di Martino, di Puro. «Abbiamo sulla strada una pattuglia della Polizia locale ogni giorno, quando chiudiamo alle 18 – racconta –. Quindi nel momento in cui parte la protesta, se aderisco sarò il primo a prendere la multa. Ci siamo anche confrontati con un avvocato, che ci ha sconsigliato di partecipare, non so quanto possa valere e credo sia qualcosa di rischioso».
Anche a Gorizia molti chiuderanno alle 18, senza prolungamenti d’orario, anche se non escludono agitazioni di diverso tipo. «Non siamo d’accordo con #ioapro e come tanti locali della città non aderirò – fa sapere Michela Fabbro, del ristorante Rosenbar e presidente di “Gorizia a tavola” –: si creerebbero problemi al nostro personale e ai clienti. Va bene mobilitarsi, ma serve muoversi nel rispetto delle regole». D’accordo i titolari di alcuni locali a Monfalcone. «Già gli affari si sono ridotti - commentano al Dalis bar -, se poi ci mettiamo anche il rischio di multe non vale la pena». «Chiuderemo alle 18 – conferma anche il bar Cupido -. Il gioco non vale la candela».
Dal canto suo la Fipe, nel prendere le distanze dalla protesta, evidenzia ancora una volte le difficoltà del comparto. «Sono passati oltre dieci mesi da quando le nostre attività sono state stravolte - precisa una nota di Fipe Fvg -. Siamo disorientati e in preda alla paura: paura di non essere più in grado di riaprire tra qualche mese, paura per i debiti e per la tenuta sociale». —
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