«È prevista la reintroduzione della dicitura “genitore 1” e “genitore 2” per garantire conformità al quadro normativo introdotto dal regolamento Ue in materia di trattamento dei dati personali e per superare le problematiche applicative segnalate dal Garante della privacy». Le parole della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese sono istituzionali, il concetto sostanziale è che nelle carte di identità elettroniche dei ragazzi sotto i 14 anni non ci sarà più la dicitura «madre» e «padre», reintrodotta nel 2019, dall’allora ministro dell’Interno Salvini.
Prima del 2019 c’era sui documenti l’indicazione generica di «genitori», ora si torna a quella formula specificando «genitore 1» e «genitore 2», anche sui documenti, per esempio, per l’iscrizione a scuola.
La ministra Lamorgese ha spiegato durante il question Time che «il nuovo schema di decreto ha già ottenuto il concerto dei ministri di Economia e della pubblica amministrazione ed è in attesa del parere del Garante, a seguito del quale sarà sottoposto alla Conferenza Stato-Città».
Il cambio, oltre che per l’adeguamento alla normativa europea e dovuto a quanto rilevato dal Garante della privacy secondo cui scrivere madre e padre comporta «forti criticità, dal punto di vista della protezione dei dati e della tutela dei minori, nei casi in cui i soggetti che esercitano la responsabilità genitoriale non siano riconducibili alla figura materna o paterna». Vale per le famiglie omogenitoriali e per tutti quei casi in cui non ci sono entrambe le figure. Scrivere madre e padre esclude automaticamente i genitori dello stesso sesso che abbiano avuto il riconoscimento dei figli, ma anche qualsiasi altra situazione di famiglia non tradizionale.
A cambiare la normativa voluta nel 2015 dal governo Renzi era stato il governo di Lega e Movimento 5 stelle (molti dei suoi appartenenti si erano però detti contrari). «Difenderemo la famiglia naturale fondata sull’unione tra un uomo e una donna», aveva detto Salvini nel 2019 spiegando il suo come un «decreto che ripristina i ruoli biologici».
Nelle carte di identità precedenti al 2019, documenti fondamentali per i viaggi, ma anche per il riconoscimento della genitorialità, c’è scritto «cognome e nome dei genitori o di chi ne fa le veci», anche con la traduzione inglese parents.
Carlo Tumino e Christian De Florio, blogger e papà di Sebastian e Julian, di quasi 3 anni, hanno raccontato la loro soddisfazione a Repubblica. «Usare una terminologia più ampia, non vieta di adoperarne una più specifica come padre o madre. Semplicemente fa sì che qualsiasi tipo di famiglia, non si senta discriminata».