Il centrocampista, ex dei ramarri e dei lagunari, legge la sfida del Teghil. «Diaw fantastico e con Ciurria è molto pericoloso in campo aperto»
PORDENONE. È svincolato dallo scorso settembre, ma conta di riprendere presto. «Mi sento meglio ora di quando avevo vent’anni», precisa. Sergiu Suciu è ai box e guarda al suo passato. Pordenone e Venezia sono gli ultimi club in cui ha giocato: un anno in C con i ramarri (2016-2017), tre stagioni ai lagunari in B (2017-2020). Sabato le due squadre si affrontano a Lignano e lui non ha dubbi in proposito. «Vinceranno i neroverdi, tiferò per loro: sono la mia squadra del cuore assieme al Torino», ammette il centrocampista, cresciuto nel vivaio granata. Il 30enne romeno analizza la partita del Teghil, ma non solo: la situazione attuale, il suo futuro e Diaw, che è «un attaccante da Bundesliga».
Sergiu Suciu ancora fermo: bisogna per forza partire da qui.
«Al termine della scorsa stagione non ho ricevuto una proposta di rinnovo dal Venezia, con cui ero in scadenza. Ero tranquillo, ma sino a pochi giorni dalla fine del mercato non era uscito nulla di interessante. Vado a Livorno, in serie C, ma capisco che la situazione è grave (a oggi il club non può fare alcuna operazione di mercato, manca una fideiussione, ndr), lascio dopo una settimana».
E rimane ai box.
«Non mi è piaciuto come è stata gestita la situazione dal mio procuratore di allora, Leonardo Giusti, tanto che ho cambiato agente. Anche se con lui ho ancora un buon rapporto, adesso sono seguito da Mirko Pagliochini (lo stesso di Barison e Rossetti, ndr). Lo trovo competente e serio. Ho bisogno di giocare: ho qualche offerta tra la serie C italiana e la A romena. Arrivo da cinque mesi di inattività, ma mi sono sempre allenato con la Virtus Verona, la squadra della città dove vivo».
Sabato guarderà Pordenone-Venezia?
«Sì, mi piace molto come si esprimono i neroverdi. Interpretano la gara con lo spirito adatto alla serie B. Sono bravi a sfruttare le seconde palle e a trovare velocemente la profondità, dove hanno un attaccante fantastico come Diaw. È veloce e forte: il calcio della Bundesliga, dove le squadre concedono molto perché giocano “alte”, potrebbe essere il suo. Il Venezia ha un altro approccio. Palleggia di più, se è in giornata può essere molto pericoloso, ma concede molto agli avversari. E il Pordenone lo può sfruttare».
Ramarri favoriti?
«Secondo me vincono loro, perché l’avversario tiene il baricentro molto alto: se riescono a recuperare palla come sono capaci di fare, con Diaw e Ciurria, a campo aperto, possono essere molto pericolosi. Sicuramente tifo per loro. Il Pordenone è nel mio cuore. Il Venezia è una squadra per cui ho giocato».
Lei è stato allenato da Dionisi, tecnico dell’Empoli capolista, che per molti è bravissimo. Concorda?
«È destinato a una carriera di alto livello. Cerca sempre il palleggio, ha idee, i suoi allenamenti sono stimolanti. Non sempre, però, si può fare questo tipo di calcio. Il Pordenone, per come gioca, è più pratico. Ma anche lui ottiene risultati. L’anno scorso pensavo potesse andare in A, guidato in mezzo al campo dal regista più sottovalutato degli ultimi dieci anni: Burrai. Ne ho visto pochi così forti».
Che ricordi ha della sua stagione a Pordenone?
«Il campionato in cui mi sono divertito di più a giocare. Tedino, mister che stimo molto, sposava la mia idea di calcio. Purtroppo ci hanno rubato la promozione in B».