Pizzerie, osterie, trattorie: sciopero bianco contro il governo. Aperti invece molti bar
MANTOVA. Confcommercio l’aveva annunciato: «Il nuovo calendario di chiusure che prevede la possibilità per i pubblici esercizi di rialzare le serrande per due soli giorni, il 7 e l’8 gennaio e solo fino alle 18, è una presa in giro, in tanti non riapriranno perché non ne vale la pena».
E così è stato: ieri almeno l’85% dei ristoranti è rimasto chiuso «per protesta e perché non conviene». A tenere il conto delle saracinesche abbassate è Vanni Righi in qualità di rappresentante dei ristoratori associati a Fipe Confcommercio: «A causa dell’inefficienza di questo governo, del ritardo nei ristori, ma soprattutto del mancato rispetto di chi lavora, abbiamo deciso di fare uno sciopero bianco e almeno l’85% dei ristoranti non ha aperto». Non solo ristoranti, ma anche pizzerie, osterie, trattorie hamburgherie, risto-pub: l’elenco è lungo e parte dal centro cittadino per diramarsi in tutta la provincia. E tra chi è rimasto chiuso non mancano anche molti che in questi mesi hanno comunque proseguito con delivery e asporto.
«Se ce l’avessero comunicato per tempo – spiega Righi – ci saremmo magari organizzati. Insomma non puoi dirci il 5 gennaio che il 7 e l’8 possiamo aprire per richiudere il 9 e ne riparliamo l’11. Decisioni apprese dai telegiornali della sera con le associazioni di categoria che non vengono neppure chiamate ai tavoli. Protestiamo contro l’incapacità di programmazione di chi ci governa e la mancanza di rispetto. Fanno molto di più i Comuni per gli esercenti». Senza considerare che a conti fatti, in tanti hanno concluso che tra sanificazioni dopo dieci giorni di stop, ordini della merce da fare di corsa e personale da richiamare al lavoro «non conviene» alla luce anche «dei ristori – conclude Righi – che sono ridicoli ed escludono chi aveva appena iniziato l’attività».
Diversa la situazione dei bar: ieri in città molti avevano aperto. «Per noi – spiega il presidente di Fipe-Bar Mattia Pedrazzoli – è un po’ meno complicato. Nonostante i problemi, gran parte ha deciso di aprire per dare un servizio e incassare qualcosa. Penso che ognuno di noi stia lottando e reagendo a modo suo; il fatto che qualcuno apra e qualcuno no non significa che la categoria è disunita. Ma ognuno di noi sta combattendo come riesce provando a ripartire nonostante le difficoltà enormi».