TREVISO.
«Chiediamo trasporti sicuri per la ripartenza, vogliamo tornare a scuola in sicurezza». Ma anche: «Torneremo in classe solo se si faranno sforzi adeguati, a settembre non c’erano le condizioni per rientrare». Il tema del trasporto pubblico irrompe nelle proteste degli studenti delle superiori contro la didattica a distanza. A tre giorni dal tavolo prefettizio, che lunedì mattina dovrebbe fare ordine in materia di bus e corriere in vista della ripartenza al 75% del 7 gennaio, Priorità alla Scuola, Rete Studenti Medi e Coordinamento Studenti Medi si sono dati appuntamento fuori dalle scuole.
Striscioni, tavoli e computer per seguire le lezioni a distanza. La Rete si è ritrovata davanti al Canova, spostandosi poi al Duca degli Abruzzi e Riccati: non più di sei studenti, l’auricolare sulla spiegazione del docente e un messaggio forte da lanciare.
«Chiediamo un progetto per la riapertura basato sulla collaborazione fra tutte le parti coinvolte. Chiediamo un tavolo allargato pure a noi», l’appello di Carlo Garzara, Rete Studenti Medi. Che ha redatto un documento con destinataria la Regione, sul piatto trasporto ed edilizia: «Vogliamo tornare a scuola, ma facendolo in sicurezza e con nuovi progetti. Il nostro diritto allo studio dipende dalla rete del trasporto pubblico. Confidiamo in più controlli per far rispettare la capienza del 50%. E, per l’extraurbano, orari che evitino ai ragazzi tempi morti e potenziali assembramenti. Tradotto: arrivare a scuola troppo presto, perché con la corriera successiva si farebbe tardi».
Lo slogan della giornata è “La scuola si-cura”, nel mirino pure le classi pollaio. Priorità alla Scuola fa tappa al Berto di Mogliano, mentre il Coordinamento Studenti Medi raccoglie una decina di alunni - di diversi istituti, a solidarizzare un paio di docenti - davanti all’Artistico: «Più trasporti, più personale, più spazi», l’emblematico striscione.
«Sapere che Mom si sta adoperando per reperire un centinaio di mezzi in più ci dà tranquillità», osserva Tommaso Pizzolon, Coordinamento Studenti Medi, «Ma finora abbiamo fatto i conti con troppe promesse. Aspettiamo concretezza». In merito al nuovo limite del 50% rispetto all’80% stabilito per la ripartenza di settembre, il movimento studentesco avverte: «L’importante è che sia gestibile e rispettato». La manifestazione, originariamente prevista la settimana scorsa e poi rinviata per il maltempo, ha riguardato ieri una dozzina di scuole in tutto il Veneto. Flashmob e dibattiti si sono alternati alle lezioni.
«Governo e Regioni si assumano le proprie responsabilità e decidano di investire su scuola, salute e trasporto», il messaggio, «Tutto il resto, come la proposta della ministra De Micheli di andare a scuola la domenica, o il battibecco per la riapertura al 9 dicembre o 7 gennaio, sono chiacchiere».
Le prime proteste, ispirate dalla torinese Anita (l'immagine che la ritraeva fuori da una scuola media ha fatto il giro d’Italia), risalivano a un mese fa. La didattica a distanza è al 100% alle superiori da inizio novembre e, dal 7 gennaio, la presenza sarà garantita al 75% degli studenti. Il dissenso iniziale era legato anzitutto alle modalità di insegnamento, ora le varie anime del movimento studentesco si sono unite, guardando alla ripartenza del prossimo mese. Chiedono una ripresa in sicurezza che ponga l’accento sugli autobus, ma anche sui rischi connessi alle classi pollaio. —
