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Chi lo ferma questo Roglic?

Critérium du Dauphiné, la Ineos lavora a fondo ma a finalizzare è lo sloveno che stacca tutti Dopo la giornata di ieri che ha messo in mostra, per l’ennesima volta, la condizione strepitosa di Wout van Aert, il Critérium du Dauphiné prosegue con la seconda tappa, la Vienne-Col de Porte di 135 km. La salita […]

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Critérium du Dauphiné, la Ineos lavora a fondo ma a finalizzare è lo sloveno che stacca tutti

Dopo la giornata di ieri che ha messo in mostra, per l’ennesima volta, la condizione strepitosa di Wout van Aert, il Critérium du Dauphiné prosegue con la seconda tappa, la Vienne-Col de Porte di 135 km. La salita finale misura 17.5 km per una pendenza media del 6.2%, in un percorso precedentemente mosso ma non esigente, se si eccettua la Côte Maillet (6.2 km all’8%) ad una quarantina scarsa di km dal traguardo.

Priva del neopro’ Mauri Vansevenant (Deceuninck-Quick Step), non ripartito a causa di problemi di stomaco, la carovana inizia la frazione alle 12.59 e subito si forma la fuga buona, composta da otto unità. Presenti i francesi Bruno Armirail (Groupama-FDJ), Jérôme Cousin (Total Direct Energie), Fabien Doubey (Circus-Wanty Gobert) e Geoffrey Soupé (Total Direct Energie), il danese Kasper Asgreen (Deceuninck-Quick Step), l’australiano Ben O’Connor (NTT Pro Cycling), lo svizzero Michael Schär (CCC Team) e il tedesco Jasha Sütterlin (Team Sunweb).

Il gruppo lascia fare agli otto, considerati non pericolosi e dove spicca la maglia a pois di Schär, grande protagonista ieri con la fuga della prima ora. Sul terza categoria della Côte de Viriville (km 50) i due punti vanno a Doubey, mentre nella di poco seguente Côte de Roybon (km 56.5) è l’indefesso Schär a prendersi l’unico punto in palio. Nel lavorare, il solito Tony Martin viene affiancato dai gregari dalla Bahrain McLaren, segnale di come Mikel Landa sia in possesso di una buona condizione.

Il gap dei battistrada si mantiene per gran parte della fase centrale sui 3′, tanto ai meno 70 km quanto ai meno 50 km. Scende a 2′, invece, ai meno 45 km complice la netta accelerata per giungere nella miglior posizione possibile ai piedi dell’esigente Côte Maillet; a lavorare sulle prime rampe per il Team Jumbo-Visma è nientemeno che la maglia gialla stessa, quel Wout van Aert che inizia qui a prendere familiarità con un ruolo che, al Tour de France, sarà chiamato a svolgere spesso e volentieri.

Il passo iniziale è tutt’altro che sostenuto, tanto che a staccarsi sono solo i pochi velocisti, qualche gregario e chi, come Thomas De Gendt (Lotto Soudal), punta magari ad altre giornate. Il primo dei fuggitivi a staccarsi è chi, sulla carta, sarebbe il migliore su queste pendenze: a 3 km dalla vetta cede Ben O’Connor, che ancora fatica terribilmente a tornare sui livelli del 2018. La selezione da dietro del drappello di testa fa sì che solo in due rimangano al comando e, curiosamente, sono i due meno portati dal punto di vista fisico: i 190 cm per Armirail e i 198 cm per Schär non sono un intoppo, tanto che i due procedono di comune accordo ad un buon passo, con l’elvetico a scollinare in testa al km 98.5.

Dietro non c’è nessuno scatto ma nella seconda parte di ascesa diminuisce la consistenza del plotone: cedono, tra gli altri, Omar Fraile, Roman Kreuziger e Benoît Cosnefroy, lasciando così una settantina di elementi a seguire il ritmo sempre imposto da Van Aert a 1’30” dai due battistrada. Una volta terminata la discesa, la dozzina di km pianeggianti per giungere all’imbocco dell’ultima salita trascorre serena per i due davanti, meno per quelli dietro; in uno spartitraffico non segnato adeguatamente, Sergio Higuita finisce a terra. Assieme al campione colombiano della EF Pro Cycling finiscono giù, tra gli altri, Daniel Martin, Pierre Latour, Damien Howson, Stéphane Rossetto e Luis León Sánchez; nessuno di loro riesce più a rientrare sul gruppo, uscendo così di classifica nel caso di Higuita e Martin, che pagano rispettivamente oltre 21′ e oltre 25′ dal vincitore.

All’imbocco della salita finale Armirail e Schär possono contare solo su una cinquantina di secondi scarsi; conscio di aver dato anche oggi il massimo e di aver raccolto un bel bottino per consolidare la maglia a pois, Schär si rialza dopo un paio di km di salita, lasciando Armirail al suo destino. Quasi in contemporanea termina i propri doveri Wout van Aert, pronto a sfilarsi la maglia gialla in un terreno tutt’altro che adatto.

La corsa procede senza scossoni né sorprese, se si eccettua per un Bob Jungels che pare aver riposto nel cassetto ogni velleità di specializzarsi sulle corse a tappe, staccandosi prima di approcciare gli ultimi 15 km. In un breve tratto di discesa, infido per colpa dell’asfalto umido, inizia finalmente a lavorare il Team Ineos in versione completa prendendo le redini con Van Baarle, che lascia poi l’incarico a Castroviejo; il passo (al pari della pioggia) è sicuramente aumentato, tanto che si staccano corridori interessanti come Rosa, Lutsenko e Hagen e il coraggioso Armirail viene ripreso, a 8500 metri dalla conclusione.

In concomitanza con il riassorbimento del francese e con ci prova Víctor De la Parte, ma lo spagnolo del CCC Team mette il naso fuori giusto per un km, non guadagnando mai più di una quindicina di metri. Il passo di Castroviejo, sempre deciso e in costante crescita, fa fuori anche Valls, De la Cruz, Tiesj Benoot, Fausto Masnada e Davide Formolo, potenziale protagonista in un arrivo simile. Non va meglio a Julian Alaphilippe: l’atteso francese si stacca ai meno 6 km, quando Castroviejo lascia il testimone a Kwiatkowski.

Fuorigioco sul tosto ritmo del polacco vanno Kangert, Madouas, Vanhoucke, Haig, Pedrero, Roche, Barguil, Kämna, Hirschi, Rolland e anche due attesi come Adam Yates e Alejandro Valverde. Ma l’iridato di Ponferrada fa anche una sua vittima: a 4.5 km dalla fine, quando ancora il suo momento di lavorare deve giungere, Chris Froome si sfila dal gruppo composto a oltre venti unità. Per il britannico questo appare come un brutto segnale in chiave Tour de France; vedendo come vanno gli altri compagni, la sua presenza al via della Grande Boucle non è certo automatica.

Finito il compito di Kwiatkowski tocca al vincitore del Tour 2018 a lavorare a partire dai meno 4 km; la nuova lista di staccati si apre con Enric Mas, prosegue con Rigoberto Urán e termina Domenico Pozzovivo. L’elenco è così ristretto solo perché Geraint Thomas tira un km tondo e al cartello dei meno 3 km si fa da parte in favore dell’ultimo gregario a disposizione di Bernal, ovvero sia Pavel Sivakov, che fa fuori un affaticato Steven Kruijswijk.

Ma quando sembra che il giovane russo possa far male a tanti, ecco che ai meno 2.4 km si segnala il primo scatto serio: lo porta Emanuel Buchmann, caduto ieri ma che pare fortunatamente in condizione. La ruota del tedesco della Bora Hansgrohe viene subito azzannata da Sepp Kuss con Thibaut Pinot, Primoz Roglic e Nairo Quintana; dopo qualche metro si portano dentro anche Richie Porte, Egan Bernal, Mikel Landa, Guillaume Martin, Miguel Ángel López e Daniel Martínez.

Manca, quindi, Tom Dumoulin: già in difficoltà in precedenza ma capace di tenere con i denti, il neerlandese perde terreno, al pari di Romain Bardet e Tadej Pogacar, preferendo andare su del proprio passo piuttosto che tenere a tutti i costi. Il lavoro dell’eccellente Kuss a favore di Roglic dura fin dopo l’arco dell’ultimo, dopo che un tentativo di Bernal risulta velleitario.

Ricalcando la mossa di Bernal, Primoz Roglic parte lunghissimo ai meno 600 metri: il colombiano di bianco vestito vorrebbe chiudere su di lui, ma non ce la fa e si scansa, invocando invano l’altrui aiuto. Lo sloveno è di un altro pianeta in questo momento e si invola, mulinando a tutta sui pedali sin sul traguardo. Tenta di inseguirlo un Guillaume Martin in gran forma, ma rimbalza.

Arriva così, quasi senza eccessiva fatica, la quinta affermazione stagionale di un Primoz Roglic semplicemente inarrestabile per tutti: se oggi il Team Jumbo-Visma è parso, escludendo un super Kuss, col fiato corto, il capitano al momento unico del sodalizio neerlandese è il solito stantuffo.

Con un balzo finale, Thibaut Pinot (Groupama-FDJ) ottiene il secondo posto a 8″, seguito a pari tempo da Emanuel Buchmann (Bora-Hansgrohe) e Guillaume Martin (Cofidis). Ritardo di 10″ per gli altri componenti della top ten, ossia Nairo Quintana (Team Arkéa-Samsic), Miguel Ángel López (Astana Pro Team), Daniel Martínez (EF Pro Cycling), Mikel Landa (Bahrain-McLaren), Richie Porte (Trek-Segafredo) ed Egan Bernal (Team Ineos).

Undicesimo a 40″ su generoso Sepp Kuss che, giusto per capire la profondità del Team Jumbo-Visma, è potenzialmente il quartultimo gregario sulle salite del Tour. Gap di 59″ per Sébastien Reichenbach, Romain Bardet e Tom Dumoulin, di 1’01” per Tadej Pogacar, di 1’09” per Steven Kruijswijk e di 1’32” per Enric Mas e Domenico Pozzovivo. Pagano 1’37” Lennard Kämna, Alejandro Valverde, Pierre Rolland, Adam Yates e Rigoberto Urán.

La nuova classifica generale vede Primoz Roglic indossare la maglia gialla, dimostrando di essere al momento il grande favorito per la Grande Boucle; lo sloveno guida con 12″ su Pinot, 14″ su Buchmann, 16″ su Bernal, 18″ su Martin, 20″ su Quintana, Porte, Landa, López e Martínez.

Domani altra tappa breve, dato che misura 157 km, e caratterizzata da due salite: la Corenc-Saint Martin de Belleville prevede dopo una novantina di km dal via l’ascesa del Col de la Madeleine dal versante di La Chambre per poi presentare la salita conclusiva di 14.8 km al 6% verso la località sciistica savoiarda come giudice di giornata.

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