Livorno: analogie fra i due negozi etnici colpiti negli ultimi quattro mesi e distanti 450 metri. Entrambi sono gestiti da stranieri
LIVORNO. Quattrocentocinquanta metri e 111 giorni. È quanto dista il Royal kebab di via Provinciale Pisana dall’Asian Market di via Garibaldi, con i giorni che li separano dalle due sparatorie. Sì, perché entrambi i titolari dei negozi etnici hanno trovato le proprie saracinesche crivellate dai calibro nove. Sempre tre colpi di pistola, sempre al riparo dalle telecamere che, a cavallo della Guglia, ancora non ci sono. O comunque non inquadrano lì. Nel primo caso sicuramente è stato un uomo in scooter, visto che il Royal kebab durante il gesto intimidatorio (perché di questo quasi sicuramente si è trattato) era ancora aperto e all’interno c’era il cugino del titolare, l’imprenditore Abid Hussain, e un pony-express che aveva appena finito le consegne domicilio.
Era la mezzanotte fra il 30 e 31 marzo quando a Livorno si udirono i primi tre spari. Con le volanti della polizia di Stato subito sul posto per i rilievi, insieme ai colleghi della scientifica. Erano le 2.20 di notte di domenica 19 luglio quando gli altri tre colpi di pistola hanno colpito l’Asian market, senza che però nessuno chiamasse le forze dell’ordine. La precisione sull’orario si deve a una segnalazione postuma di un vicino di casa del proprietario, il commerciante trentaquattrenne Alam Maksudul, con il quale ha parlato solo il giorno dopo. «Non so perché non abbia avvertito i carabinieri subito – racconta l’imprenditore bengalese, in città da quasi quattro anni dopo un passato a Verona, in Veneto – non me lo ha detto, probabilmente non ci avrà pensato. Non so veramente chi possa essere lo sparatore, io non ho mai subìto minacce e nessuno apparentemente ce l’ha con me, almeno che io sappia. Non ho dato fastidio a nessuno, non ha senso quello che è successo».
La pista seguita dai carabinieri della Compagnia di Livorno, diretti dal maggiore Guglielmo Palazzetti, rimane quella del gesto intimidatorio. Ma perché? Forse per ottenere dei soldi? È possibile che gli episodi del kebab e del minimarket siano collegati fra loro, è il sospetto degli inquirenti. Anche se a marzo, data la presenza delle persone all’interno del ristorante, la Squadra mobile diretta dalla vicequestore aggiunto Valentina Crispi indaga per tentato omicidio; anche se difficilmente lo sparatore voleva davvero uccidere i due lavoratori, visto che altrimenti ci sarebbero riuscito, anche perché ha dimostrato da 30 metri di distanza e con un’auto nel mezzo di cavarsela molto bene con la pistola.
Poco conta la diversa nazionalità dei due imprenditori – il primo pachistano e il secondo bengalese – «perché se qualcuno vuole colpire i negozi etnici se ne frega di dove siano il Pakistan e il Bangladesh», sostiene un investigatore. Maksudul continua a non darsi spiegazioni. Sia al Tirreno che agli inquirenti: «Io veramente non so chi sia stato – racconta – e non so questa persona che cosa voglia da me. Ho paura, certo che ho paura, però non posso far altro che lavorare perché qui ci sono solo io. Il negozio l’ho aperto meno di un anno fa, abito in piazza Garibaldi, non lontano da qui. Speriamo non accada più niente». —