Ieri il funerale di Lasagni, il ciclista di 70 anni stroncato da un malore a Baiso. Gli amici della Ciclistica Correggio che lo hanno soccorso per primi: «Era uno di noi»
CORREGGIO. «Vanni era di un altra società ma lo consideravamo uno di noi: uscivamo sempre insieme e con il suo entusiasmo ci faceva conoscere posti nuovi del nostro appennino e dintorni. Era una persona gentile. Non ci saremmo mai aspettati una cosa del genere...».
È un ricordo segnato ancora in modo forte dai momenti drammatici vissuti sabato mattina sulla fondovalle Tresinaro a Formigaro di Baiso, dove l’amico Vanni Lasagni è morto stroncato da un malore, mentre pedalava con il gruppo della ciclistica Correggio, quello di Paride Lugli che era in uscita con lui, insieme a Luigi Daolio, e a un altro compagno.
Un ricordo che arriva lo stesso giorno del funerale di Lasagni, tenutosi ieri a Correggio. Domenica, dalle 14, la camera mortuaria di Correggio, allestita per le visite dopo che la salma di Lasagni è stata riportata in paese da Castelnovo Monti, dove era stata ricomposta subito dopo il decesso, è stata meta di numerose persone, amici e conoscenti che hanno voluto dare a Lasagni l’ultimo saluto e stringersi, più che simbolicamente, alla famiglia. Lasagni, aveva 70 anni e lascia la moglie Loredana, la mamma Rina, i figli Alessandro e Cristina e due nipoti.
Alla camera ardente tutto si è svolto con le restrizioni imposte dall’emergenza – distanziamento sociale, mascherine e ingressi uno alla volta–, e l’abbraccio concreto non è stato possibile, ma il colpo d’occhio sulla lunga fila di persone in attesa per entrare ha dato ampiamente idea dell’affetto nei confronti di Vanni e dei suoi familiari così duramente colpiti.
Lugli e Daolio e un altro compagno della Ciclistica Correggio, erano con Lasagni sabato mattina, quando, lungo la Fondovalle, si è consumata la tragedia. Sono stati proprio loro due a prestare i primi soccorsi all’amico.
«Stavamo viaggiando in leggera pendenza verso Viano – ricorda Lugli – Non andavamo veloci: circa 33 e 34 chilometri orari; improvvisamente Vanni, che era il secondo del gruppo e stava davanti a me e a Luigi, ha cambiato direzione deviando sulla sinistra. Abbiamo gridato, ma lui non ha neppure reagito. È finito fuori carreggiata in mezzo all’erba e ai sassi a pancia in giù. Lo abbiamo immediatamente raggiunto e soccorso con l’aiuto di un terzo ciclista che si è a sua volta fermato. Abbiamo chiamato il 118. La situazione era già tragica. In attesa dell’ambulanza, l’operatore al telefono ci ha dato le istruzioni su come girarlo e una volta compiuta l’operazione ho iniziato immediatamente il massaggio cardiaco. Al loro arrivo, poi, hanno pensato al seguito i sanitari. Ma, purtroppo, Vanni ci aveva già lasciato. Con me e Luigi c’erano altri ciclisti della ciclistica Correggio che hanno dato una mano. Vanni era uno di noi... Ha lasciato in tutti un buon ricordo». —
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