Viaggio a Kryvyi Rih, obiettivo russo che ha dato i natali al presidente ucraino. Il sindaco: «Putin, un tempo leader di un popolo fratello, ci ha perso per sempre»
Quando Sergei Miliutin, vicesindaco di Kryvyi Rih, si siede nella stanza del suo ufficio, la prima cosa che fa è prendere una penna, un foglio bianco e disegnare la mappa della città. Indossa una mimetica su un corpo robusto. Robuste sono anche la sua stretta di mano e la sua voce che lascia poco spazio all’interlocutore. Più della voce, delle domande degli altri, è urgente raccontare la forza della città, i suoi record, in attesa che il sindaco finisca la sua riunione con i vertici militari.
«Dovete sapere - comincia - che quando parlate di Kryvyi Rih parlate della città dei primati. La statua dedicata al Gran Principe di Kiev Vladimiro il Grande sulla collina a destra del fiume Dniepr è il più antico monumento della città e uno dei suoi simboli. Kryvyi Rih è la città che vanta i più grandi trasportatori di ferro del mondo ed è l’unico posto al mondo ad essersi difeso da un’invasione con i mezzi delle cave e delle industrie siderurgiche prima che con l’arrivo delle truppe». Il suo ha tutta l’aria di essere un copione a favore di telecamera. E si capisce, perché Kryvyi Rih - oltre ai suoi presunti record - è quella che ha dato i natali al presidente Volodimir Zelensky e un pezzo della comprensione dei piuttosto fluidi equilibri della politica ucraina passa anche da qui.
Quando è iniziata l’invasione, il 24 febbraio, l’esercito russo ha colpito gli obiettivi militari della città con attacchi aerei mirati ai depositi delle brigate corazzate, magazzini di armi e munizioni delle truppe ucraine. Il giorno dopo i mezzi dell’aviazione russa che cercavano di paracadutare 100 uomini su un ex base aerea dell’era sovietica con un Ilyushin Il 76 sono stati costretti a desistere perché i difensori locali avevano già bloccato tutte le piste con i mezzi meccanici delle industrie siderurgiche. Il sindaco della città, Oleksandr Vilkul, era stato appena nominato capo militare e con questo ruolo aveva deciso di bloccare l’accesso dei russi con i mezzi di cui la sua città dispone: quelli che ruotano intorno al ferro. Così ha disposto che tutti i trasportatori venissero usati nello scalo aereo per impedire l’atterraggio dell’aviazione russa, e nelle strade chiave di ingresso alla città per ostacolare l’avanzata di terra.
D’altronde, dice il vicesindaco Sergei Miliutin elencando di nuovo i record della città, «i russi avrebbero dovuto percorrere decine e decine di chilometri, Kryvyi Rih è la città più lunga d’Europa». Un dato che è un vanto, è scritto su una targa che i funzionari del municipio hanno portato via nella nuova sede dove si sono trasferiti per timore di un attacco mirato nei palazzi delle istituzioni «la città si estende per 126 km da nord a sud ed è nota come la città più lunga d’Europa, forse del mondo». Città di storia, centro del bacino di ferro di Krivorozhsky, ha riserve accertate pari a 32 miliardi di tonnellate. La gente qui - 700 mila persone circa ad abitarla - è dura di conseguenza.
La lunga Kryvyi Rih non è proprio una città. La strada infinita che la compone è stata costruita per servire il bacino minerario e metallurgico, il centro urbano si è sviluppato su entrambi i lati di questo asse di conseguenza. Sviluppata in epoca staliniana intorno alla Kryvorizhstal, la più grande fabbrica metallurgica integrata dell’Unione Sovietica, la città venne occupata dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Nel 1939 i 13 mila ebrei che vivevano in città rappresentavano il 6% della popolazione. Quelli che non riuscirono a lasciare la città furono assassinati dagli occupanti nazisti. La prima uccisione di massa in una fabbrica di mattoni. La seconda in una miniera di ferro. Morirono in tutto 7500 persone, i sopravvissuti raccontano che i neonati furono gettati vivi nelle fosse.
Tra i testimoni anche il nonno di Zelensky che ha combattuto nell’esercito sovietico contro i nazisti. Colonnello della 57a divisione di fucili a motore della Guardia dell’Armata Rossa, fu ferito mentre difendeva i compagni ebrei. Dicono qui che appena eletto presidente Zelensky sia tornato a Kryvyi Rih a porgere omaggio alla sua memoria.
Liberata dai nazisti, la città è cresciuta e si è sviluppata in lunghezza e secondo il suo destino operaio, proseguito fino allo scioglimento dell’Unione Sovietica.
Oggi dell’Unione Sovietica resta l’architettura, per lo più, palazzoni a basso costo di cemento, che in Unione Sovietica si chiamavano Khrushchyovka, dal nome di Nikita Khrushchev. Restano le statue in onore dell’Urss, anche, che però la gente oggi ha adornato con le bandiere ucraine. Non si sono poster, foto o slogan a ricordare che questa sia la città del presidente, barriera strategica tra la parte meridionale e quella orientale del paese, la città è particolarmente orgogliosa di essere diventata uno dei principali pilastri economici del Paese: gran parte delle sue attività minerarie e siderurgiche sono state dirottate a favore dello sforzo bellico.
«È talmente alta la concentrazione di ferro nel terreno - dice Miliutin - che a Kryvyi Rih non funzionano nemmeno le bussole». E non sono solo quelle che indicano i punti cardinali, a non funzionare, ma anche quelle politiche. La biografia del sindaco, Oleksander Vilkul ne è esempio.
Suo padre è stato sindaco della città per dieci anni, aiutando Viktor Yanukovich, l’uomo del Cremlino in Ucraina, a vincere le elezioni presidenziali. Oleksander ha seguito le orme paterne, è stato vice primo ministro di Yanukovich e a lungo membro dei partiti politici di opposizione tra cui uno recentemente sospeso da Zelensky per le sue posizioni filo russe. Vilkul ha una storia di stretti legami col Cremlino, ma dal giorno dell’invasione, ha fatto della difesa dei confini ucraini la sua bandiera. «I fascisti russi - ha detto - uccidono la nostra gente, Putin un tempo leader di un popolo fratello, ha perso l’Ucraina per sempre».
Ci accoglie in quello che è diventato il suo ufficio vestito nella divisa militare, cappello color cachi in testa, giubbotto antiproiettile al lato della scrivania, siede di fronte a una mappa dell’Ucraina «Kryvyi Rih è su un asse strategico, a nord della Crimea dove l’esercito russo ha diverse basi, si trova a metà strada tra il Donbas e Odessa, principale porto ucraino di Odessa nel Mar Nero, un potenziale prossimo obiettivo. Non abbiamo permesso ai russi di entrare due mesi fa, non glielo permetteremo ora».
Vilkul sa che la guerra non è solo militare ma anche economica così, spiega, oggi la città è diventata uno dei pilastri dell’economia ucraina. «Prima producevamo il 10% del PIL del paese, oggi secondo le mie stime stiamo salendo al 20, se non 25%». Tutte le fabbriche della città, dice Vilkul, sono state riconvertite a favore delle attività belliche. Le società di Kryvyi Rih forniscono gran parte dei giubbotti antiproiettile delle forze di sicurezza. «Lavorare il ferro richiede capacità e pazienza e qui lo sappiamo lavorare da centinaia di anni. Non importa quanto ci vuole, conta il risultato, abbiamo resistito a tre attacchi ma difenderemo la città anche se gli attacchi che finora ci hanno risparmiato ci costringeranno a una battaglia urbana».
Non nomina mai il più noto concittadino, non un singolo riferimento a Zelesnky. Ciononostante Vilkul sa che perdere la città del Presidente sarebbe un colpo mortale allo spirito della gente e al morale delle truppe. Per questo non mostra incertezze.
Come dice di non averle mostrate all’ex ministro Zakharchenko, pro russo, aveva fatto parte con lui del governo Yanukovich. Gli ha telefonato subito dopo l’invasione per chiedergli di appoggiare il Cremlino e favorire l’ingresso delle truppe di Mosca. «Sarai in prima fila nella distribuzione dei posti di comando» gli ha detto Zakharchenko.
Vilkul racconta la telefonata con orgoglio, ha rifiutato, dice, «perché l’unica bandiera in cui mi riconosco è quella ucraina».
Zelensky pare essersi fidato, sebbene si sa, qui a Krivij Rih le bussole - anche politiche - funzionino poco e a intermittenza.