Pienone all’esedra di Palazzo Te
MANTOVA. Non servono canzoni nuove a Francesco De Gregori per presentarsi, solo, con la sua chitarra, l’armonica e il cappellino, nella penombra della luce blu che illumina l’Esedra di Palazzo Te. Non c’è un album da promuovere. C’è però un repertorio che pochi, in Italia – e non solo – possono vantare. «Ho cominciato così, solo io e la chitarra. Aprivo i concerti, anche di band famose. Lì ho imparato, fra i mormorii del pubblico, che non si fanno più di tre canzoni in questo modo». Ecco, la prima grande bellezza di questo live: uscendo sul palco, De Gregori ringrazia, racconta e si racconta al pubblico. Non troppo, ma è quanto basta per rendere speciale ciò che è già prezioso, grazie alle venti canzoni in scaletta.
“Cose”, “L’uccisione di Babbo Natale” e “A Pa’” sono i tre brani che il Principe suona, in solitario, per aprire il concerto “De Gregori & Band – Live The Greatest Hits”. Il cantautore romano ne approfitta per raccogliere il testimone dell’amico Venditti che, giovedì sera, aveva chiesto a Mantova di fargli sapere che aveva parlato di lui. De Gregori lo cita e si capisce che i due sono di nuovo sullo stesso binario.
Microfono in mano, senza asta, come si addice più ai cantanti che ai cantautori, De Gregori chiama quindi la band e l’applauso. Da questo momento ci si rende conto che, come accadeva con i poeti dadaisti, il Principe può pescare dove e come vuole dai suoi 21 album registrati in studio, perché sempre di tesori preziosi si tratterà. Allo stesso tempo, come accadeva con Re Mida, tutto diventa oro grazie a una voce che, in questa fase della sua carriera, è semplicemente perfetta: calda, matura e piena.
“Titanic”, “Il cuoco di Salò”, “Alice” e “Caterina”, cantate con questa timbrica, fanno scattare gli applausi. De Gregori è anche pungente, la scelta dei brani in scaletta non è casuale. «E poi la gente, (perché è la gente che fa la storia)/ Quando si tratta di scegliere e di andare/ Te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,/ Che sanno benissimo cosa fare» con una leggera pausa, e una mano che si alza, fa capire quanto il cantautore abbia chiaro che questo momento storico avrebbe bisogno di un popolo consapevole. Soprattutto perché “La storia” viene proposta dopo “La testa nel secchio”: «Ho messo la testa nel secchio/ Come in un pozzo per afferrare/ Un coltello dalla parte sbagliata».
I grandi classici non mancano e, in questo tour, De Gregori fa al pubblico un altro grande regalo: lascia da parte l’esempio di Dylan, e cioè non cambia gli arrangiamenti delle sue canzoni, ma le propone così come sono. Gli spettatori possono dunque cantare col Principe, che a Mantova è più cantastorie che nobile.