In scena il monologo di Kaus Martini, vincitore di Mittelyoung per la sezione teatro: una lettera immaginaria al poeta di Casarsa da un adolescente in fuga dalla dittatura
CIVIDALE. Tutto nasce da un bellissimo e intrigante cortocircuito, quello tra il romanzo giovanile di Pasolini, “Il sogno di una cosa” dove si narra di tre giovani contadini friulani che alla fine della Seconda guerra mondiale cercano la realizzazione dei loro sogni, di uguaglianza giustizia pace e benessere nel comunismo della Jugoslavia di Tito, e quella dei tanti giovani che, dopo lo sfaldamento dell’universo sovietico, dall’Albania si riversarono in Italia, loro pure spinti da un sogno, quello di un futuro e di un benessere che li riscattasse dalla miseria cui era ridotto il paese delle aquile dopo quarant’anni di dittatura di Enver Hoxha.
«Entrambi – come racconta il giovane attore Klaus Martini hanno alimentato in “P. P. P ti presento l’Albania” un monologo andato in scena sotto forma di un primo studio a MitteYoung, e stasera (venerdì 3 settembre) torna a Mittelfest scelto dalla giuria di under trenta che l’hanno considerato il miglior lavoro di prosa di MittelYoung; entrambi sia i ragazzi di Pasolini sia i giovani albanesi sono spinti da un desiderio di libertà. Entrambi usciti da anni di un regime dittatoriale, il fascismo per i primi e il comunismo di Hoxha per i secondi, vogliono vedere cosa c’è al di là del loro povero mondo. Entrambi spinti non solo da motivazioni ideologiche, entrambi preda di quella curiosità che è della gioventù, quando può inseguire i propri ideali».
Lo spettacolo si configura come un monologo in cui l’autore ed interprete, parte da una serie di domande che scaturiscono dal suo essere figlio di genitori albanesi, scappati in Italia, lui ancora di pochi mesi, ma italiano di formazione; domande che investono il suo sentirsi ed essere albanese e italiano al tempo stesso, come costretto in una dolorosa e ambigua condizione di precarietà e di disagio nel non sapersi definire e forse accettare. Da qui, quando scopre il romanzo di Pasolini, il bisogno di raccontarsi scrivendo una lettera immaginaria al poeta di Casarsa, “caro PPP...”
E racconta dei suoi genitori, del giorno in cui ventenni decidono di andare in Italia su uno dei tanti gommoni che facevano rotta verso il nostro paese; della prima volta che dopo anni, lui ragazzino, tornano in Albania: dove le suggestioni della memoria dei nonni fatte di storie e di personaggi della sua terra, leggende e accadimenti vanno ad alimentare il suo immaginario di ragazzino. Il tutto contrappuntato dalla lettura di alcuni passi del romanzo pasoliniano, quasi a voler segnare una continuità tra la sua storia e quella dei personaggi creati dalla penna del grande scrittore.
Il cortocircuito funziona, l’accostamento non suona affatto forzato e sincera rivive in scena la fascinazione del giovane interprete e autore per l’opera di Pasolini e giustamente consolatorio appare allora quel sentirsi legittimato, grazie proprio alle parole di Pasolini, nella sua condizione di sradicato, avendo radici sia al di qua che al di là dell’Adriatico. In una scena spoglia, solo un tavolino e una sedia bianchi e un filo di lampadine a suggerire i monti o le feste di paese, Klaus Martini, mescola la forza del testo di Pasolini con una disarmata narrazione autobiografica, puntando soprattutto sull’aspetto drammaturgico.
È comunque sul piano della teatralità (recitazione, movimenti, invenzioni sceniche) che “P.P.P. ti presento l’Albania” mostra qualche criticità, per cui a mio avviso, superata la fase di studio – che tale era la specifica richiesta del bando di MittelYoung –, meriterebbe comunque di trovare un ambito produttivo robusto proprio per consolidarne l’impianto spettacolare.