A Belluno aumentano gli accessi al centro di ascolto da parte di cittadini in difficoltà a pagare affitti, bollette, perfino la spesa
BELLUNO. La cassa integrazione, il contratto di lavoro non rinnovato, le attività chiuse. I portafogli si svuotano e diventa difficile non solo pagare affitti e bollette, ma anche avere il denaro per fare la spesa. La pandemia Coronavirus ha aggravato la condizione di molte famiglie ed è aumentato il numero delle persone che ha chiesto aiuto alla Caritas diocesana.
«Nel 2020 si sono rivolte al centro di ascolto fra le cinquecento e le seicento persone», racconta il direttore, Francesco D’Alfonso. «Cento, centocinquanta in più rispetto all’anno precedente». Ma il dato va letto insieme ad un altro: quello dei bisogni, che si sono moltiplicati. «Se prima dello scoppio della pandemia venivano a chiedere aiuto per pagare una bolletta, ora non riescono a pagarne nessuna. Riceviamo richieste di sostegno per gli affitti, l’assicurazione dell’auto, il pagamento degli abbonamenti ai mezzi pubblici. Molti non hanno nemmeno il denaro per comprare generi alimentari o farmaci. La pandemia ha provocato gravi difficoltà a molte persone. Chi aveva da parte un po’ di risparmi è riuscito a far fronte alle spese quotidiane per qualche tempo, ma prima o poi i soldi finiscono».
E a quel punto non resta che rivolgersi a chii ha fatto dell’aiuto una missione. Si supera anche la vergogna, in quei momenti. «Alcune persone si sono avvicinate al centro di ascolto con grande timidezza, ma noi diamo un sostegno a tutti», continua D’Alfonso. «Lo facciamo con aiuti diretti, ad esempio pagando affitti, bollette, dando il denaro per fare la spesa, ma anche indirizzandole a tutte quelle associazioni attive sul territorio che operano nel soccorso ai bisognosi».
Una volta raccolte le necessità e registrati i bisogni della persona, la Caritas cerca anche di coinvolgere le istituzioni, perché i servizi sociali dei Comuni possono attivare percorsi dedicati a chi cerca faticosamente una strada per uscire dalla povertà.
«È un’attività molto impegnativa, che è stata aggravata dall’emergenza sanitaria», continua il direttore della Caritas diocesana. «Lo scorso anno si sono rivolte al centro di ascolto fra le cinquecento e le seicento persone, ma circa trecento sono arrivate dalla metà di agosto a dicembre. Non possiamo dire che l’aumento sia stato consistente, ma di certo si sono avvicinate persone nuove, che mai si erano trovate in una condizione di simile difficoltà. Sono almeno una sessantina i nuovi nuclei familiari che abbiamo seguito».
La Caritas cerca anche di dare a queste persone un’occasione per ricostruirsi un’autonomia economica: «Abbiamo attivato da tempo il progetto delle borse lavoro, che svolgiamo in collaborazione con il Ceis e grazie al quale cerchiamo di aiutare queste persone a reinserirsi nel mercato del lavoro», aggiunge D’Alfonso. «Ci preoccupa molto il futuro, quando finiranno la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti. Anche le chiusure prolungate di alcune attività potrebbero generare gravi difficoltà in molte fasce della popolazione».
Gli “invisibili”, li definisce Francesco D’Alfonso. Ma persone, che vanno aiutate perché una comunità non può permettersi di lasciare indietro nessuno. —