Di ritorno dal FeST, il Festival delle Serie Tv, e da questa edizione dal titolo Crafting Worlds, ho compreso quanto le storie che passano sullo schermo influenzino la nostra vita. Le serie tv ci fanno spesso da lente di ingrandimento su ciò che accade nel mondo e The Morning Show è certamente una di queste.
In attesa di iniziare a guardare la seconda stagione, arrivata il 17 settembre su Apple TV+, ho cominciato un rewatch della prima, che ruota intorno alle molestie sul posto di lavoro. Alcuni episodi di questo show mi hanno accesso riflessioni sulla complessità e il reale significato di consenso.
Comprendere il consenso in teoria è abbastanza facile. Mettiamo il caso che una persona decida di offrirci un caffè. Se diciamo di sì, abbiamo dimostrato di volere quel caffè. Quando però ce lo portano, potremmo decidere di non volerlo più, oppure se cominciamo a berlo e non ci piace, potremmo semplicemente smettere di continuare a sorseggiarlo. Se qualcuno in qualche modo ci forza a bere sta perpetrando una violenza e vuol dire che sta accadendo qualcosa contro la nostra volontà, senza il nostro consenso.
Fin qui la cosa è abbastanza semplice, ma quando il consenso ha a che fare con i corpi la faccenda si complica, e le condizioni in cui esprimere la propria volontà diventano molteplici.
Da quando il movimento MeToo ha avuto inizio, c’è stato un radicale cambiamento nel concepire le violazioni sui corpi, e nell’immaginario collettivo il concetto di consenso è di frequente legato al sesso. Eppure, il consenso ha un significato molto più ampio, che non si limita solo alla sfera sessuale, ma tocca anche (e aggiungerei spesso) la mancanza di rispetto dei confini personali.
Le persone con disabilità sperimentano di continuo questa violazione, che potremmo definire come una sorta di intimità forzata. L’infantilizzazione è un comportamento ricorrente e spesso si manifesta attraverso l’invadenza dello spazio personale, con atteggiamenti confidenziali o contatti fisici non richiesti, come pacche, baci e abbracci. Anche decidere di spingere la carrozzina di una persona disabile senza il suo consenso è una forma di violazione ed è equiparabile a una molestia, perché di fatto la carrozzina è un’estensione del corpo. Inoltre, ogni forma di imposizione legata al contatto fisico è intimità forzata, questo include tutto il personale assistenziale che non è stato approvato dalle stesse persone disabili.
La violazione dello spazio personale non riguarda solo la sfera fisica. Vivendo in una società non inclusiva, le persone disabili per poter avere accesso a luoghi o servizi sono spesso costrette a dare informazioni personali o raccontare nei minimi dettagli le proprie limitazioni. Si tratta di condividere aspetti della vita che chi non è disabile non è tenuto a menzionare. Ripensando gli spazi e i servizi in maniera accessibile tutto questo non sarebbe necessario.
Il consenso dovrebbe essere una questione che riguarda tutti. Ecco perché nell’educazione delle giovani generazioni è importante ampliare il discorso verso ogni tipo di violazione, insegnando il rispetto per qualunque corpo, anche quello disabile, perché la molestia può assumere tante forme, conoscerle ci aiuta a combatterle.