Karim ha 27 anni e vive in Italia da dieci. Lo scorso luglio aveva deciso di riunirsi con la sua famiglia in Afghanistan ed è partito per Kabul. Poi, il 15 agosto scorso, i talebani sono entrati nella capitale del suo Paese, hanno occupato il palazzo presidenziale e preso il governo. «Quelle ore sono state terribili. Ricordo benissimo la paura che provavo. Sono fuggito in aeroporto con la mia famiglia ma c’erano tantissime persone e durante le operazioni siamo stati separati».
Karim, come migliaia di famiglie afghane, è corso in aeroporto insieme a sua moglie, a loro figlio e ai suoi genitori ma solo lui è riuscito a partire. «C’era tantissima gente e nella confusione siamo stati separati. Adesso chiedo a chiunque di aiutarmi a farli arrivare in Italia».
Dopo l’atterraggio a Fiumicino, Karim è stato portato nella struttura di accoglienza realizzata in tempo record dalla Croce Rossa Italiana ad Avezzano, insieme a Protezione Civile, COVI e Regione Abruzzo. Al suo interno sono state assistite 1320 persone di cui il 50% donne, 220 nuclei familiari, 324 minori sotto i 12 anni. Ad accoglierli c’erano mediatori culturali, medici, educatori, volontari pronti a fargli una carezza, ascoltarli.
«Prima di tutto questo in Italia avevo una vita serena: lavoravo come lavapiatti in un hotel, avevo uno stipendio, facevo diversi lavoretti. Stavamo bene». Adesso Karim ha un pensiero fisso: riportare in Italia la sua famiglia, sua moglie e suo figlio. «Chiedo a chiunque ne abbia la possibilità di aiutarmi. Devo salvarli».
Quando pensa all’Afghanistan, lo sguardo si fa malinconico come quando si ha davanti un orizzonte che sa di qualcosa che si è perso, forse per sempre. «Mi manca tutto del mio Paese. Da quando l’ho lasciato la prima volta, è la mia terra: è come una madre ed è difficile lasciarla»
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