Un posto magico dove tutto può succedere, una «magia condivisa» in grado di riunire il pubblico e di accendere una luce in uno dei periodi più difficili che l’umanità abbia mai affrontato. È così che la madrina Serena Rossi ha definito il cinema nel discorso d’apertura della 78esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, la seconda in tempi di pandemia, la prima nel segno di quella che sembra, a tutti gli effetti, la tanto agognata ripartenza di uno dei settori più provati dall’ultimo anno e mezzo: il cinema, appunto. La voglia di fare uscire i film rimasti sugli scaffali per troppo tempo e l’urgenza degli esercenti di riaccendere la sala, schiacciata nel frattempo dallo streaming, sono la spinta propulsiva di una Venezia agguerritissima, che tra kolossal come Dune e film attesissimi come Spencer di Pablo Larraín, Madres Paralelas di Pedro Almodóvar, È stata la mano di dio di Paolo Sorrentino e America Latina dei fratelli D’Innocenzo, prova a rintuzzare l’interesse del pubblico verso la Settima Arte.
«Venezia ci dice che il nostro futuro è ancora possibile. Che si può andare avanti solo insieme» dice Rossi dedicando la serata inaugurale della Mostra alle madri afgane costrette a separarsi dai loro figli nel tentativo di salvarli: «A loro vogliamo dire: non siete soli. Siamo concretamente accanto a voi» riprende la madrina mentre Sergio Mattarella, mascherato come tutti gli ospiti accomodati nella Sala Grande del Palazzo del Cinema, applaude in segno di assenso. «Essere qui oggi ci ricorda che siamo tutti parte di un ingranaggio più grande che abbraccia passato, presente e sa già di avvenire. Siamo tutti connessi come su un set cinematografico: cosa potrebbe fare un attore da solo? Ognuno è indispensabile all’altro. L’attore è un portavoce, l’anello più visibile di una catena di ingranaggi. Ma, se si vince, il merito è di tutti». Il pensiero va, quindi, a tutti i lavoratori dello spettacolo «che rendono la magia ancora possibile», un misto di «rigore e passione» che sta timidamente permettendo all’industria di andare avanti per continuare a realizzare quel «rito collettivo che ci lascia senza fiato e ci fa tornare bambini».
https://twitter.com/la_Biennale/status/1433122393518710790Prima dell’anteprima del film di apertura di Venezia 78, Madres Paralelas, e un attimo dopo il discorso del presidente di giuria, il regista premio Oscar Bong Joon-ho, che ha detto che la pandemia finirà presto ma che il cinema resterà con noi sempre, è, però, il momento di celebrare un talento tutto italiano, un artista che è entrato in punta di piedi nella Hollywood che conta portando l’entusiasmo fanciullesco che ha reso così popolare il suo cinema e la sua opera, capace di spaziare da Johnny Stecchino a Dante Alighieri, da La vita è bella alle lettere dettate in diretta tv ad Adriano Celentano: Roberto Benigni. È lui il Leone d’Oro alla Carriera di quest’anno – che sarà assegnato anche a Jamie Lee Curtis -: sorridente, emozionato, entusiasta, con la moglie Nicoletta Braschi, compagna nella vita e sullo schermo, sempre al suo fianco. Definito da Jane Campion come «un genio comico con cuore e sincerità», Benigni sale sul palco, si inchina e porta, come d’abitudine, le mani in alto con in sottofondo la marcetta che accompagna sempre le sue apparizioni. «Mi meritavo un gattino, un micino. Ma un leone è il premio più meraviglioso e lucente che si possa sognare in Italia e nel mondo» spiega Benigni prima di rivolgere un abbraccio virtuale al presidente Mattarella («Presidente, deve rimanere qualche anno in più. Almeno fino alla prossima Mostra») e ringraziare tutti i registi che lo hanno scelto per i loro film perché «essere scelti è un emozione ancora più immensa che scegliere».
Lui, però, la scelta più bella l’ha fatta diversi anni fa e si chiama Nicoletta Braschi, alla quale non può dedicare il premio perché quel premio è già suo: «Abbiamo fatto tutto insieme per 40 anni. Se dovessi misurare il tempo, sarebbe con te e senza di te. Ce lo possiamo dividere: io mi prendo la coda, e il resto è tuo. Le ali sono tue. Se qualche volta qualcosa di quelle che ho fatto ha preso il volo è grazie a te, al tuo talento di attrice, alla tua femminilità. Quanta luce emani». Nella dedica più romantica che sia mai stata pronunciata a Venezia, Benigni dice che la moglie è «all’apice dei suoi pensieri», che il loro «amore a eterna vista» è scoccato quando ha avuto il dubbio che Signore volesse «adornare il cielo di un altro sole». Iniziare una Mostra così è, probabilmente, il regalo più bello che Robertino potesse farci.