L’ha messa su un piedistallo, l’ha odiata e poi perdonata: l’ultima volta che Pedro Almodovar ha lavorato con Penelope Cruz, in Dolor y gloria, le ha affidato il ruolo di sua mamma, una donna piena di contraddizioni ma assolutamente intoccabile. Con Madres paralelas, invece, la fa quasi cadere in pezzi, ma solo per poi rimettere insieme i cocci amorevolmente. Il film apre con un universo tutto al femminile la 78° Mostra internazionale del cinema di Venezia (1-11 settembre) per poi arrivare nelle sale italiane il 28 ottobre.
Nelle mani del suo «creatore», la musa Premio Oscar si presta a qualunque cosa e stavolta ha sfidato i propri limiti in quello che ha definito «il ruolo più duro della carriera». Il motivo? La sua Janis non è una Wonder Woman, non ha poteri né si sente perfetta. Anzi. Fotografa affermata, mette in stand by la carriera per una gravidanza non cercata ma assolutamente gradita. Al momento del parto, divide la stanza in ospedale con una ragazzina, Ana (Milena Smit), anche lei incinta per sbaglio ma tutt’altro che felice.
Il destino delle due future genitrici s’intreccia in modo inesplicabile e inesorabile fino a stravolgere entrambe nel modo più spiazzante possibile. Niente spoiler, ovviamente, ma succede davvero di tutto nella cornice di una delle pagine più nere della storia ispanica, quella dei desaparecidos, gli «scomparsi» vittime della dittatura fascista di Francisco Franco. «Il più illustre di loro è anche la mia ispirazione, Federico Garcia Lorca – spiega il regista – e non sapere dove è stato gettato il suo corpo è la dimostrazione del cattivo rapporto che ha la Spagna con la sua storia recente».
Janis è determinata a dare degna sepoltura al bisnonno, ucciso e gettato in una fossa comune ai confini del suo paesino, così il passato familiare s’intreccia con le vicende che coinvolgeranno la sua bambina (e quella di Ana): «Pedro non mi ha mai lasciata sola – commenta l’attrice – abbiamo parlato tantissimo, ci siamo dedicati per mesi alle prove e mi guarda le spalle. A dire il vero dice che sono una che sul set soffre troppo, ma è il prezzo da pagare se vuoi dar vita ad un personaggio con serietà e umiltà».