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Aurora Ramazzotti: «I commenti spiacevoli non mi toccano più, mi piaccio così»

Aurora Ramazzotti, 24 anni, ha confessato di essersi sentita spesso fuori dai modelli estetici canonici. Ma oggi, grazie a tanto lavoro su di sé, è riuscita a raggiungere una nuova consapevolezza, a piacersi per quello che è, diventando, grazie ai social, la porta bandiera di una bellezza body positive e ambassador di un brand che parla di self-love
Aurora Ramazzotti per Superfluid
Aurora Ramazzotti per Superfluid
Aurora Ramazzotti
Aurora Ramazzotti
La campagna body positive di Superfluid
Aurora Ramazzotti per Superfluid
La campagna body positive di Superfluid
La campagna body positive di Superfluid
La campagna body positive di Superfluid
Aurora Ramazzotti per Superfluid

La figlia di Michelle Hunziker e di Eros Ramazzotti, Aurora Ramazzotti, è un fiume in piena quando si tratta di parlare di sé, non fa sconti e non teme di dire troppo. È candidamente se stessa, sia quando racconta di tutte le volte che ha subito «cattiverie della gente», sia quando si riferisce al modello di bellezza che incarna, quello nuovo, body positive, improntato sull’accettazione di sé. Un messaggio per il quale Aurora Ramazzotti, 24 anni, si fa porta bandiera da tempo, essendo stata lei la prima ad aver confessato sui social che diverse volte si è sentita «brutta» e fuori dai modelli canonici di bellezza. Ma poi grazie a tanto lavoro su di sé è riuscita a raggiungere una nuova consapevolezza e a piacersi per quello che è.

Oggi Aurora Ramazzotti è un esempio per molte ragazze che vogliono scardinare gli stereotipi di bellezza e riscrivere il concetto di cura di sé in termini di self-love e non per piacere ad altri o entrare in una casella. È proprio grazie all’ impegno attivo nel cambiare la percezione della bellezza che il brand made in Italy Superfluid l’ha scelta come ambassador del suo nuovo olio idratante corpo, So far so smooth, per il quale ha contribuito anche a creare il concept della campagna. In occasione del suo debutto sul mercato, il giorno del solstizio d’estate, Aurora Ramazzotti ci ha concesso in anteprima un incontro via Zoom rilevando il lato più intimo di sé.

Ha solo 24 anni come si fa a essere so young so good e ad avere una così forte consapevolezza della bellezza che non dipende da modelli standardizzati?
«Non si diventa così dal giorno alla notte, è un grande lavoro che va fatto su se stessi. La nostra società ci impone un modello irraggiungibile e sarebbe bello che questo modello non ci fosse, ma c’è, se solo sapessimo che essere umani significa essere imperfetti! Per qualche strana ragione ci piace pensarci come dei cartonati finti e mai raggiungibili, fin quando non viene il momento in cui realizzi che quel modo in cui ci concepiamo, non è mai come ci vedono gli altri. E qui comincia tutto e le strade sono due: o ti deprimi e ti fai sopraffare da questa consapevolezza, oppure inizi a lavorare e a prendere coscienza del tuo corpo. Adoro i movimenti di body positivity che sono nati in questi anni proprio perché ammiro le persone che sono in grado di accettarsi per quello che sono. Ancora oggi io non posso dire di avere questa fortuna e consapevolezza così grande perché sono cresciuta circondata da tante cattiverie, persone che mi hanno detto cose bruttissime. Tutti i giorni combatto per sradicare questi condizionamenti da dentro di me, ma devo fare piccoli passi per arrivare al punto di dire chi se ne frega, l’importante è valorizzare la salute e stare bene nel proprio corpo piuttosto che vedersi perfetti. Le persone che riescono a pensarla così, a vivere secondo i principi del movimento body positive, sono quelle che mi danno tanta forza per accettarmi di più, o quantomeno a provarci».

È stata scelta come brand ambassador per un olio corpo di Superfluid, marchio che si prende cura dell’aspetto fisico ma anche di quello mentale – ha creato il Superfluid Mental Health Fund per aiutare gli adolescenti con problemi psicologici – lei ha mai avuto momenti di debolezza, perso fiducia in se stessa e come ne è uscita?
«Ci tengo a dire che Superfluid incorpora tutti i valori io cui io stessa credo, sull’autenticità ci troviamo al 100%. Mi piace valorizzare quello che è vero, non il fittizio. Siamo cresciuti in un società in cui se non performiamo al 100%, siamo giù oppure tristi, diciamo di essere fuori forma, o in una giornata no. Anche il linguaggio è stato coniato per farci credere che dobbiamo essere al massimo, sempre. Eppure è importante capire che siamo fatti anche per avere momenti di introspezione, in cui ci sentiamo debilitati e sovrastatati da questo mondo che va a 200 km orari. Il solo fatto di considerare queste cose come debolezze è sbagliato. Sono sfaccettature di una stessa medaglia, un lato bello e uno meno bello e vanno bene entrambi. Superfluid cerca di raccontare la verità, perché il prodotto non ti fa diventare la modella che sberluccica con il vento tra i capelli, ma ti fa sentire bene nella tua pelle».

Ha parlato di acne, di eritemi, di capelli bianchi, sui social ha mostrato tutto, con coraggio, che cosa l’ha spinta a farlo con così tanta audacia e autenticità?
«Denunciare è la parola giusta. C’è stato un punto di svolta, tutto è iniziato con l’acne, devo ringraziare di averne sofferto, ora ne sono guarita. Noi tutti somatizziamo in modi diversi, a me vengono i brufoli, se non sto bene si vede in questo modo e se prendo sole peggioro. L’acne mi ha permesso di scoprirmi e conoscermi meglio, a volte la vita ci mette di fronte a piccole prove che per gli altri sono stupidaggini. Grazie all’acne ho capito che non volevo essere qualcosa che no ero. Quando ho pubblicato quella foto che dovevo mandare alla mia skin therapist, l’ho fatto perché dentro di me mi sono detta “ah che bella, peccato che non posso pubblicarla perché ho i brufoli”, poi ho pensato “ma sai che c’è, la pubblico lo stesso”. E sapevo che sarebbe stato strano per chi mi seguiva, perché fino a poco prima ero quella che i brufoli li toglieva con Facetune. Ho fatto di tutto per riconoscermi in un modello che ormai non è neanche più bello: ho sollevato gli zigomi, schiarito le occhiaie, snellito la figura, mi piallavo. Oggi, per fortuna, ci piace più vedere una cosa autentica e vera. Ma non è facile svoltare, soprattutto per chi come me è cresciuta bersagliata da cattiverie da parte di tutti. Quel giorno ho capito che non volevo più modificare nulla, al massimo la luce delle foto. Ora non uso neanche più i filtri di luce, vado sempre più verso l’autenticità. Non tutti sono forti per riuscire a combattere contro questi modelli, ma piano piano ci riusciremo».

Usa i social per comunicare messaggi forti, è una responsabilità, ma allo stesso tempo immagino che regali tanta soddisfazione, ci racconta come gestisce la community, come si sente in questo ruolo che si è ritagliata?
«Sono un po’ una influencer anormale, intanto ci ho messo molto ad accettare di chiamarmi influencer, perché tante volte anche il termine indica qualcosa in cui non mi sono mai riconosciuta. Quando aderivo a certi canoni mi sono sempre sentita diversa, mi è sempre piaciuto intrattenere, ostentare non è mai stato il mio fulcro. Il modo in cui comunico sulla mia piattaforma vorrei che facesse capire a tutti che ognuno può sentirsi adeguato a fare qualsiasi cosa, tutto quello che vuole, purché lo faccia con positività e autenticità. Anche se si comunica un’emozione triste, l’importante è che ci sia un buon fine, costruttivo, e responsabilità verso la persona che sta guardano e che potrebbe farne un uso improprio se non si dosano bene le parole. È importante essere rispettosi e consapevoli, sempre, poi si può sbagliare, ma quel che conta è che ci sia un pensiero. Un giorno puoi postare la foto con brufoli, capelli bianchi e smagliature, e quello dopo sentirti una diva, tirarti a lucido. Il bello di questo mondo è che noi siamo qui per fare delle esperienze, per testare e fare tutto quello che ci va, è tutto un gioco, non abbiamo limite, è il bello dell’esistenza umana. E possiamo farlo anche sui social ma con cognizione di causa, altrimenti non ci meritiamo di stare su questa piattaforma».

Qual è il complimento più bello che le si potrebbe fare?
«Qualcuno mi ha detto ti ringrazio perché mi hai aiutata ad avere più consapevolezza di me, oppure si è avvicinato allo sport grazie a me. Ho ancora tanto su cui lavorare e tantissimo da imparare, e vorrei essere capace di aggiungere qualcosa e non sottrarre. Se qualcuno guarda il mio profilo e si sente alleggerita, perché ha avuto una giornata pesante e io sono riuscita a strappare un sorriso, è un complimento. Non sempre si deve parlare di cose pesanti, la vita si può alleggerire. Purtroppo sono ancora vittima del sistema, e lo ammetto senza problemi, se qualcuno mi dice sei carina, mi fa piacere. Tutti i giorni ci provo a uscire dal mindset che la bellezza non è tutto, ma siamo in una società in cui l’aspetto fisico viene per tanti prima di tutto, non voglio essere schiava di questo pensiero, sto lavorando per allontanarmi, però continua a essere una parte di me. E continuo a cercare un senso di riscatto verso chi, quando stavo crescendo e ancora oggi, fa commenti spiacevoli. Come quando ho parlato del cat-calling, in quel caso tutto si è risolto con chi mi ha detto che non mi merito neppure dei fischi per strada. Poi mi rendo conto che, non si può piacere a tutti, ho visto donne strabilianti denigrate per il loro aspetto. Ecco perché amo la comunicazione di Superfluid, è autentica, non impone sovrastrutture e mi auguro che tutti i brand possano adottare questo approccio prima o poi. Penso che possa curare veramente una piaga sociale che affligge tutti, soprattutto le donne e le ragazzine cresciute con lo smartphone in mano. Ho sofferto io che non sono una digital native, ma comunque vivevo il confronto – finivo sui giornali dove scrivevano che ero brutta, poi aprivo i blog e mi mettevo a piangere – figuriamoci quanto oggi questo sistema possa agire sulla mente di una ragazzina».

L’autoironia l’ha mai aiutata a superare i commenti spiacevoli su di lei?
«Penso di essere una persona autoironica e oggi non mi interessano e non mi toccano più questi commenti, ma è la dinamica che mi infastidisce. Mi capita spessissimo che mi diano della ce***, ma non me ne frega più niente. Da ragazzina ci soffrivo, ho avuto tanti problemi, non è ho mai parlato perché non è importante, ho sofferto tanto e per molti potrebbe essere una cosa futile, una banalità. Guardando indietro, oggi sicuramente non starei così male per quello che ho vissuto, ma bisogna sempre misurasi per quello che si è, con quanto si è fragili. C’è chi mi ha detto “ma fatti una risata!” Ma io non voglio ridere, perché in certi contesti l’autoironia non serve, di fronte alla cattiveria non si deve essere autoironici. Decido io quando una casa per me è meritevole di autoironia. Se qualcosa mi fa male, voglio piangere, se il commento è fatto per colpire i mie punti deboli, è mi dicono “fatti una risata”, io non rido solo perché mi viene detto. Oggi ci si indigna un po’ per tutto, si vede la qualunque sui social e su tutto il web, però più andiamo avanti più la gente si rende conto che bisogna essere rispettosi. Siamo passati dal niente a dover rispettare tantissime cose che non conosciamo. E la questione non è che è pesante volgere un pensiero verso una diversità, è che chi non capisce o non vuole capire, non potrà mai essere rispettoso. Perché è difficile esserlo verso una cosa che non si vuole capire. Sai quante realtà io non conosco, ma sono una persona curiosa e mi affascina scoprire le diversità. E se qualcuno mi dice che una certa cosa fa male, io ci credo, anche se non la capisco perché non fa parte del mia cultura, ma se fa male a lei o a lui, questa è la più grande verità che ci possa essere».

A chi si sente inadeguata o si giudica brutta, visto che ci è passata anche lei e ora sembra in pace, che consiglio darebbe?
«Ti ringrazio per il risolta, in realtà predico bene e razzolo male. I concetti ce li ho ben chiari ma su di me è sempre difficile applicarti. Posso solo raccontare come ho gestito quello che negli anni mi ha fatto tanto male. Ero un po’ ribelle, non volevo cambiare perché me lo dicevano gli altri. Poi è entrata nella mia vita Nike, mi ha insegnato sport e disciplina, ero disorientata, tutta per aria, ero dappertutto e da nessuna parte. Mi sono curata questo male di vivere causato dalle opinioni altrui iniziando a fare sport, tantissimo sport e alimentandomi bene. Poi vedendomi meglio allo specchio le cose sono migliorate. Soffrivo tanto perché le persone avevano capito quelli che potevano essere i mei punti deboli, mi dicevano che ero grassa, che avevo la cellulite o la faccia da scorfano, che ero brutta. Per la faccia non puoi fare molto, ho imparato ad amarla, a toccarla, ad accarezzarla, ho capito che la mia pelle è la mia protezione, la mia corazza, e devo prendermene cura. Sul corpo, invece, si può fare di più, ma ci vuole impegno. Quando ho iniziato a vedermi meglio grazie allo sport, ho acquisito tantissima confidence e ho iniziato ad amarmi. Bisogna essere più gentili con se stessi, perché tendiamo a trascurarci in questo mondo dove tutto va veloce, ma non possiamo vivere una vita da automi. Bisogna lavorare per stare bene nella propria pelle, a meno che non si è del tutto disinteressati alla questione e allora è ok lo stesso. Molte ragazzine, però, soffrono perché non hanno il controllo su loro stesse. C’è chi vuole farlo per gli altri e va benissimo, ma è importante rendersi conto che dipendere dagli standard offerti dai social non paga. A volte paga più spegnere il cellulare e fare esperienze vere, scalare una montagna, toccare la terra, fare una passeggiata, trovare un vero scopo. Tutto quello che viene da lì dentro, dalla realtà che si vive attaccati a uno smartphone diventa prima o poi astratto e inesistente. A me i social piacciono. Li uso per lavorare, ma staccare è necessario per riallinearci e capire quali sono le vere priorità».

Ci racconta qual è stato il confronto che le ha fatto più male?
«Se mi ricordassi ogni cosa probabilmente non vivrei più, me ne sono successe di ogni. Quando abbiamo iniziato a usare i social, Facebook, eravamo tutti accanitissimi, mi fotografavano con mia madre, ero sempre sui giornali e andavo a vedere quello che scrivevano, ero una ragazzina, qualsiasi ragazzina lo farebbe, e le cattiverie erano inaccettabili, da lì è nata una paranoia e la convinzione in me che io non andassi bene. Mi coprivo, avevo crisi isteriche, ogni mattina mi cambiavo mille volte, ho avuto anche disturbi alimentari, quando si è ragazzini non si ha sempre la forza e la capacità di essere disciplinati per fare attività fisica e la via più facile a volte sembra avere un rapporto complicato con il cibo. Ma non è quella la strada giusta, fortunatamente la mia famiglia è sempre stata molto presente e mia madre mi ha aiutata, ne sono uscita e ho avuto il re-bound. È stato difficile, ho messo peso e l’unico modo per superare è stato iniziare ad amare il mio corpo, perché dovevo stare bene con me stessa. Ancora oggi mi dicono che sono un mostro, da ragazzina me lo dicevano anche a scuola, perché i compagni a quell’età possono essere cattivi. Solo quando ho iniziato a fare sport la situazione è cambiata perché vedermi meglio mi rendeva più forte nei confronti di quello che mi dicevano gli altri e non mi colpiva più nulla. Avere disciplina e mangiare bene, sempre, tutta la vita è un lavoro, perché non serve una dieta di due mesi e poi basta. Ci vuole tanta dedizione e molta costanza, non lo faccio per moda, lo faccio perché è l’equilibrio che mi tiene così, risolta in un certo senso, è quella cosa che mi da forza e mi fa stare bene. Adorerei svegliarmi domani e fregarmene del mio aspetto fisico e valorizzare altro, ma non riesco, è una cosa che mi definisce tantissimo e se io non sto bene con me stessa non riesco ad affrontare la giornata con la forza che necessito. Ecco perché mi affido all’attività fisica, da qualche parte bisognerà pur partire».

Quanto si allena?
«Mi alleno 4 giorni a settimana e nei due di scarico rilasso i muscoli e faccio yoga, una delle cose più fighe perché si lavora anche tanto sulla mente, ne abbiamo bisogno, ma con lo yoga è importante trovare il giusto insegnante e non ce n’è uno giusto per te, ci vuole costanza, ricerca dedizione, non ti viene regalato niente, e questo vale per tutto nella vita. Vado anche in palestra per costruire i muscoli, quest’anno ho un preparatore atletico, mi segue da 8 mesi, perché dopo il covid non mi sentivo bene, non ero più io. Dover chiedere aiuto è importante, il fatto di voler fare sempre tutto da soli non è giusto. Ho trovato in lui una persona che mi ha dato conforto in un momento in cui mi sentivo giù di morale,  mi sono messa in carreggiata e ora sono contenta».

Qual è la sua definizione di body positivity?
«Riuscire ad amarsi per quello che si è, per l’umano che siamo, la verità è che si confondono a volte il movimento di body e skin positive con il lasciarsi andare e non avere più controllo su se stessi, invece è la migliore forma di consapevolezza perché si conoscono i propri limiti e li si abbracciano. Li ami e te ne sbatti se non sono conformi a imposizioni create da noi perché siamo malati. Non so come siamo arrivati a questo, forse da quando esiste la pubblicità ci sono questi modelli, poi con i social sono stati esaltati e più noi ne parliamo, più continuiamo a renderli così radicati. È quasi trasgressivo non conformarsi ad essi, eppure la normalità dovrebbe essere la body positivity, dovrebbero insegnarcela a scuola, qualcuno dovrebbe prepararci a mettere un’armatura contro i social e il web e la tv e i media e la cattiveria della gente, per aiutarci a sviluppare la forza che è solo dentro di noi».

Che cos’ è la bellezza secondo lei?
«Bella domanda, è tutto, sono le emozioni, quello che proviamo con le persone. Veramente non so dare una definizione, la bellezza è una cosa così soggettiva, è impossibile definirla. Perché ciò che è bello per me non lo è per te. E poi non me ne frega più niente, una persona bella è una che mi comunica qualcosa, so che condivide dei valori con me e che mi può portare qualcosa piuttosto che sottratte, è una persona affine a me, un’anima consapevole e positiva».

Quali sono le donne che le fanno battere il cuore?
«Spesso me lo hanno chiesto. Sono un’amante dell’essere umano, un’osservatrice molto attenta, chiaramente ho un legame molto forte con mia madre e con le donne che mi sono attorno, adoro le donne, anche se faccio fatica a trovarne simili a me perché viviamo in un mondo molto competitivo. Non mi lego facilmente poi quando si rompe quel muro, si butta giù la barriera, per me sono tutti interessanti, non c’è nessuno che non merita di essere ascoltato. Tutte le storie per me sono belle».

Ha gesti di bellezza consapevoli che la fanno stare bene?
«Sono una persona che vive su una nuvola, un sagittario pazzo e la cura per la pelle per me oggi è essenziale, non so come ho fatto fino a un anno fa senza curarmi. Inizio con latte detergente, poi esfoliante e picchietto il siero per 5 minuti, poi passo alla crema che massaggio, tocco il viso in modo da capire se ci sono cisti che si stanno formando sotto pelle, mi ispeziono. Adoro fare piccole cose che mi facciano stare bene con me stessa. Anche il mondo in cui mi vesto è espressione di come mi sento. Sin da piccola lo era. Prima avevo difficoltà, volevo mettermi addosso un sacchetto ma forse non sarei sta contenta neanche con quello, perché non mi piacevo e pensavo che tutti mi avrebbero vista come mi vedevo io. Poi ho capito che nessuno ti vede come ti vedi tu, anche tua madre crede che su sia una donna diversa da quello che tu pensi di essere. Ecco perché è importante ogni tanto concedersi momenti con se stessi, come un bagno caldo, con musica, candele ed entrare in contatto non te stessa. E se lo fai e ti accorgi che non riesci a rilassarti, almeno hai la possibilità di capire che c’è qualcosa che non va e cerchi la soluzione per stare meglio».

 

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