Dopo la pandemia, c’è da scommettere, lo smart working cambierà pelle. Secondo i dati raccolti dalla piattaforma per freelance Upwork su mille professionisti, infatti, il 22% di chi vuole continuare a lavorare da remoto, una volta cessato l’allarme Covid, utilizzerà spazi pubblici per svolgere il proprio lavoro. Più di uno su quattro sceglierà un’area di coworking, e quasi altrettante persone andranno in un bar oppure in un ristorante. Il 17% cercherà una biblioteca o da un altro luogo pubblico al coperto e il 17% un parco o, comunque, un’altra area all’aperto.
E, a sorpresa, il 14% di chi ha intenzione di continuare con lo smart working progetta di lavorare da casa di qualcun altro. Sì, perché, se prima della pandemia chi lavorava da remoto era una minoranza, adesso il numero degli smart worker è aumentato esponenzialmente. Ognuno di noi conosce diverse persone che adesso lavorano da casa, sicuramente molte più di prima, e, come spiega Adam Ozimek di Upwork, «decidere che il mercoledì ci si ritrova a casa di una di loro potrebbe presto diventare normale». A mano a mano che la forza lavoro da remoto cresce, insomma, si amplia la gamma di opzioni a disposizione. E aprire uno spazio di coworking, oggi, potrebbe diventare un business redditizio anche in una piccola città.
Prima della pandemia, sempre secondo i dati di Upwork, gli smart worker che non volevano lavorare da casa andavano in un bar, in un ristorante o in un hotel (21,1%), oppure in uno spazio di coworking (16%).