«Un genio del passato radicato nel futuro». Marco Mengoni, che domenica, su RaiUno, è stato voce e volto de L’anno che verrà, ha descritto così, come un avanguardista di raro talento, Lucio Dalla. «Mi sembrava giusto omaggiare, tramite lui, la grande forza che c’è stata in quest’anno così difficile per tutti, e proporre le sue parole, che sembrano scritte oggi, per guardare con fiducia al futuro. È un privilegio essere stato chiamato per un’occasione come questa. L’emozione di cantare da una Bergamo meravigliosa e deserta è stata unica e irripetibile», ha detto Mengoni, che nello speciale Rai, da Bergamo, invito a riflettere sui dodici mesi passati, si è esibito in piedi, di fronte ad una Piazza Vecchia vuota e immobile.
Mengoni, nello speciale disponibile su RaiPlay fino al 4 marzo, ha cantato accompagnato da pochi elementi. «Ho pensato a L’anno che verrà, perché è un brano che sembra scritto per questi giorni complessi», ha detto, reinterpretando lo storico pezzo di Lucio Dalla. Attuale. Forte. Inno di un anno, in cui «La distanza è diventata sicurezza, le strade si sono svuotate e l’incertezza è diventata l’unica compagnia possibile». «Si è dovuto dire addio senza poter parlare», ha detto Mengoni, certo, però, che i mesi della pandemia, il Coronavirus abbia portato con sé una nuova consapevolezza. Perché «In quella assenza si è dovuto ritrovarsi, capire cosa sia davvero importante».