«I maschi possono piangere e le femmine giocare alla lotta. Che non sempre i sogni si realizzano, l’importante è non smettere mai di desiderare». Quando ha iniziato a scrivere uno dei suoi primi post su Facebook, Cinzia Pennati, 45 anni, insegnante e madre di due figlie adolescenti, un divorzio alle spalle, non immaginava per niente quello che sarebbe accaduto poche ore dopo. «Avevo scritto cose molto semplici, di una maternità e paternità diversa da quella che si racconta, non solo edulcorata».
Lo ha scritto pensando alle sue ragazze, a quello che avrebbe voluto dire loro. La mattina seguente era stato condiviso da migliaia di persone, destinato a diventare virale e tradotto in più lingue. Così è diventato un libro: Ai figli ci sono cose da dire, edito da Mondadori.
Quali cose ci sono da dire ai figli?
«A scuola, così come alle mie ragazze di 14 e 15 anni dico la verità. Dell’anno che si è appena concluso dico loro che a volte bisogna saper stare e basta, che non ci sono altre alternative, che ci sono cose nella vita che non possiamo controllare come ad esempio una pandemia. E l’unica cosa che possiamo fare è quella di sottostare alle regole che comunque ci vengono date per il bene comune. I bambini, ad esempio a scuola, riconoscono comunque la gratitudine per essere venuti a scuola. Quindi riconoscere quello che di bello c’è. Se gli adulti lo fanno, possono farlo anche i bambini, anche i nostri figli».
Come si racconta una pandemia?
«Non edulcorando. È come quando si racconta la povertà, ai figli non si può non raccontare che nel mondo c’è una parte di bambini e bambine, così come di adulti, che soffrono. Un’altra frase che è all’interno del libro è che “la povertà esiste” e in qualche modo dobbiamo farcene carico. Devono fare anche loro qualcosa se vogliono che il mondo sia un luogo bello in cui poter sostare e abitare. Raccontare che i nostri gesti possono aiutare altre persone».
Come aiutarli a reagire alla stanchezza rispetto al periodo di restrizioni che stiamo vivendo?
«Aiutandoli a guardare lontano, a reagire alla sofferenza. Io spingo sempre a vedere quello che c’è. Quando i bambini si lamentano a scuola o le mie figlie a casa, io li invito a guardare quello che c’è, anche le cose piccole, come il panorama dalla finestra o leggere un libro. Se li aiuti a volgere lo sguardo verso la direzione giusta, ti seguono».
Ha raccontato questo libro come un desiderio realizzato.
«Sì, ho iniziato a scrivere tardi perché ho scoperto di avere dei desideri tardi, volevo che questo post arrivasse su carta e dopo tanti no ci sono riuscita. Alla fine penso non tanto che sia importante che i desideri si realizzano ma la determinazione, il percorso che facciamo per fare in modo che si realizzano è importante. Dobbiamo insegnare ai figli soprattutto il desiderio».