La Storia siamo noi al piano, le domande del pubblico; la linea della vita tra canzoni e privato. Francesco De Gregori, sul palco di Vanity Fair Stories, è partito dall’infanzia: «Mia madre insegnante di scuola media, mio padre bibliotecario. Mi hanno avviato alla vita facendomela vedere com’è, senza un protocollo da seguire, ma solo con una grande educazione. Senza volermi irreggimentare dentro uno schema». Come quando la befana una volta non arrivò in tempo, ma il 15 gennaio.
LA NOSTALGIA – «È importante ma non bisogna farne un santino. Un bel ricordo arricchisce, basta che non campi su questa cosa. Oggi non trovo una frattura con quel Francesco del passato, la mia vita è un tutt’uno. La mia prima elementare è ancora presente dentro di me. È una linea continua».
LA FELICITA’- «L’ho trovata anche nella musica. Sicuramente nella musica che ascoltavo prima di farla io, nelle opere liriche che ascoltava mia madre in salone, in una vecchia radio».
ISPIRAZIONE – «Nasce dalla voglia di comunicare. Dalla necessità e dalla voglia di raccontare me stesso. Dalla voglia di parlare in maniera spudorata, di quello che ho visto, letto, vissuto. Una persona troppo pudica non farà mai questo mestiere. Bisogna svelarsi un po’ per fare questo lavoro».
POETA – «Non lo sono mai stato. La poesia è un’arte a se stante, vive solo di parole e di ritmo letterario. Ci possono essere poesie orribili e canzoni meravigliose. Sono due cose completamente diverse».
IL PUBBLICO – «Ho fatto un patto di sincerità: essere sempre me stesso in quel determinato momento. Io vi faccio vedere quello che sono».
COMMUOVERSI «Mi commuove l’età. Mi commuovono i vecchi e i bambini. Perché dai vecchi e dai bambini si vede il percorso di un uomo o di una donna, si vede il passaggio di una vita. Drammi, dolori, gioie, puoi immaginare tutto quello che quel bambino attraverserà e quello che ha già attraversato».
LA FACCIA DI OGGI – «Ho la faccia di uno perbene, un po’ stupido ogni tanto. Penso sia una grande conquista: guardarsi allo specchio e non doversi sputare addosso. Nonostante i tanti errori che sicuramente ho fatto, mi trovo comunque perdonabile.
L’ETA’ – «Cambia il fisico. Se adesso mi cadono le chiavi di casa per terra, ora ci penso. Adesso dico “porca miseria, la prossima volta devo starci più attento”. Dieci anni fa nemmeno mi rendevo conto. C’è una frattura forte tra quello che mi immagino essere e il fisico che mi ricorda quello che sono. Ma è sempre meglio del contrario: essere un vecchio nella testa e avere un fisico giovane».
LE COSE DA TENERE STRETTE – «Ho ricevuto molto amore e molto affetto. Resta anche per la gente con cui ho litigato, quella che non vedrò mai più, stanno dentro le mie cellule, i miei neuroni. Ognuno ha la faccia che si merita e ognuno ha avuto le amicizie che si è meritato. Come diceva De André: meglio lasciarsi che non esserci mai incontrati».
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Si ringrazia anche Medusa