Il problema è che, dall’antichità a oggi, non sono mai esistite principesse part-time. L’attività reale non ha mai contemplato collaborazioni a tempo né freelancing, solo il pacchetto completo: fama, soldi e privilegi tra i benefit, qualche obbligo di etichetta e l’addio alla privacy tra i contro.
Nessun concetto nuovo, neanche per Meghan Markle: la duchessa del Sussex ha detto di sentire sempre più pressante l’attenzione dei media nei suoi confronti («Non vivo». «È una lotta») e assieme al marito Harry ha deciso di fare causa al Mail on Sunday, che a febbraio aveva pubblicato senza autorizzazione una sua lettera privata indirizzata al padre. «C’è stata una campagna spietata contro mia moglie», ha tuonato in un comunicato senza precedenti Harry. «Finora non siamo stati in grado di rettificare le continue false informazioni diffuse dai giornali. Ma si tratta di bullismo: spaventare e mettere a tacere le persone». Adesso, quella presa di posizione è stata appoggiata dalle parlamentari inglesi, che hanno sottoscritto una lettera aperta di supporto alla Duchessa.
Certo, è difficile immaginare che la coppia più famosa del mondo non «sia in grado di rettificare» una notizia; ed è anche piuttosto difficile parlare di «bullismo», attività che per definizione è diretta a persone vulnerabili e incapaci di difendersi.
Il punto è che l’attenzione verso i personaggi reali non conosce pause, e quasi sempre costituisce la giustificazione stessa alla loro esistenza (non si è mica mai vista una principessa sconosciuta o un re anonimo). I reali inglesi costano circa 50 milioni di euro ai contribuenti britannici. Il modo più intelligente che hanno di giustificare quella cifra e assicurarsi la prosperità, nell’era delle democrazie parlamentari, è quello di offrire al mondo uno degli spettacoli più raffinati dell’epoca contemporanea: gli intrighi di palazzo, le cerimonie regali, lo sviluppo dei personaggi (proprio come in una serie Tv), le nozze, i parti, i battesimi, i divorzi.
Una principessa come Meghan ha solo il pacchetto completo: un matrimonio visto da 1,2 miliardi di persone e il divieto di esprimere le proprie idee politiche; viaggi attorno al mondo e l’obbligo di «posare la forchetta dopo tre morsi»; un appannaggio annuale e l’obbligo di fare gli inchini alla Regina, a William e a Kate; il privilegio di non lavorare più e il divieto di indossare gonne corte; la partecipazione agli eventi mondani più esclusivi e «l’obbligo» di fare beneficienza (forse la principale attività); una serie sterminata di collaboratori, tate, maggiordomi, consulenti e, appunto un’attenzione sempre alta, altissima. Positiva (quasi sempre) e indesiderata (quasi mai). Nel caso di Meghan, quella indesiderata è stata alimentata dai suoi stessi parenti, piuttosto generosi nel concedere ai media interviste contro la loro familiare. Che, fortunatissima o meno, ha sposato Harry, ma pure un po’ il resto del mondo. Con tutto quel che ne consegue.