Ci sono premi che non premiano una vittoria, bensì un cammino. Che è di uno, ed è allo stesso tempo di tutti. L’idea è venuta al club manager del Bologna Marco Di Vaio. «Diamo la Panchina d’Oro a Sinisa Mihajlovic».
Di Vaio ha seguito da vicino la dolorosa vicenda del tecnico serbo, che sta combattendo la sua battaglia contro la leucemia. Dal giorno della rivelazione pubblica, a luglio, fino ad oggi, tra i cicli di chemioterapia e le fughe dall’ospedale di Bologna – dove è attualmente ricoverato Mihajlovic – per guidare dalla panchina la propria squadra, tra momenti di gioia condivisa ed altri in cui Sinisa si rifugiava nella solitudine.
L’idea ha subito trovato riscontro tra i tanti colleghi di Mihajlovic. Primo fra tutti Claudio Ranieri. «Sinisa è un esempio per tutti. Voterò per lui. Lo ripeto: non per la malattia in sé, ma per l’esempio che sta dando a tutti noi». Nella folta pattuglia di chi si è schierato c’è anche il ct della nazionale, Roberto Mancini, amico di vecchia data di Sinisa, con cui ha diviso le splendenti stagioni alla Sampdoria e alla Lazio. Il legame tra i due è molto forte e Sinisa – una settimana fa – nei giorni in cui stava riposando nella sua casa romana, ha voluto andare di persona a salutare l’amico, presenziando all’allenamento della nazionale azzurra.
Renzo Ulivieri, presidente dell’Assoallenatori, ha appoggiato la proposta. In una recente intervista alla «Gazzetta dello Sport» ha spiegato le sue motivazioni. «E’ un’idea bella e condivisibile, Mihajlovic è un allenatore molto preparato che racchiude tutte le caratteristiche che deve avere un tecnico di spessore. Sta affrontando la malattia con tenacia, da vero combattente».
Da un punto di vista prettamente tecnico il premio – che ogni anno viene assegnato dal Settore Tecnico della FIGC (votano tutti gli allenatori, negli ultimi due anni ha vinto Massimiliano Allegri) – andrebbe a gratificare un allenatore che l’anno scorso – stagione 2018-2019 – ha compiuto un vero e proprio miracolo. Subentrato in corsa a Pippo Inzaghi sulla panchina del Bologna, Mihajlovic ha trasformato una squadra molle e impacciata in un perfetto meccanismo. E in poche settimane il Bologna di Sinisa ha scalato la classifica, raggiungendo una salvezza (che sembrava impossibile) con qualche giornata di anticipo. Una vera e propria impresa, per un uomo che Bologna ha subito adottato.
La vicinanza e l’affetto che i bolognesi hanno dimostrato a Mihajlovic e alla sua famiglia (la moglie Arianna e i cinque figli) hanno segnato di umanità questi mesi. Oltre ai due pellegrinaggi al santuario di San Luca, la città si è sentita partecipe del percorso umano e medico di Mihajlovic. Il serbo al momento si trova in ospedale, al Sant’Orsola di Bologna, dove ha cominciato da qualche giorno il terzo ciclo di chemioterapie. Dieci giorni fa era in panchina allo Juventus Stadium, per la terza presenza in campo da quando è cominciato il campionato (le altre due con il Verona e la Lazio allo stadio Dall’Ara di Bologna).
Ma Mihajlovic anche dall’ospedale continua a lavorare, a seguire i suoi ragazzi, a guardare partite, correggendo errori, studiando nuove strategie. E’ lui il 12° uomo del Bologna. Come ha confermato il leader della squadra, l’argentino Rodrigo Palacio, dopo la vittoria del Bologna (2-1) contro la Sampdoria: «E’ il nostro valore, è sempre con noi. Anche prima della sfida con la Sampdoria ci ha mandato un videomessaggio per incitarci. E’ lui a fare la differenza».