Che pasticcio, Boris Johnson. Ieri il primo ministro conservatore ha perso un voto molto importante. Con 328 voti favorevoli contro 301 contrari la Camera dei Comuni del Parlamento britannico ha approvato infatti una mozione che prevede per oggi una nuova votazione fondamentale. Tra i votanti a favore anche 21 deputati ribelli del partito conservatore.
La prossima mozione, se approvata bloccherà il cosiddetto «No deal», ovvero l’uscita dall’Unione Europea senza un accordo. Era questo l’obiettivo del primo ministro conservatore, non far slittare la Brexit oltre la scadenza fissata del 31 ottobre. Una posizione duramente criticata. Il presidente della Camera dei Comuni, John Bercow, ha definito la scelta di Johnson un «oltraggio alla Costituzione».
Secondo Johnson impedire il No deal indebolirebbe a sua volta il Paese, «bloccando il momento positivo» dei negoziati con l’Unione Europea e costringendo così il Paese ad accettare un accordo a qualsiasi costo.
Corbyn and his surrender bill would mean years of uncertainty and delay. I am determined to lead this country forward and take Britain out of the EU on October 31st
— Boris Johnson (@BorisJohnson) September 4, 2019
Se così non accadrà e la Brexit verrà ritardata, Johnson chiederà di ricorrere alle elezioni anticipate entro un mese: il 14 ottobre, tre giorni prima dell’ultima riunione del Consiglio europeo prima di Brexit. Già nelle scorse settimane Johnons aveva chiesto e ottenuto la sospensione delle attività del Parlamento per cinque settimane. Accadrà dal 13 settembre al 13 ottobre, il giorno successivo si terrà poi il tradizionale Queen’s Speech.
La posizione del primo ministro Johnson si fa sempre più difficile. Dopo aver perso la maggioranza in Parlamento, dopo la decisione dell’ex ministro della giustizia Philip Lee di sedersi tra i banchi dell’opposizione liberaldemocratica, annunciando contemporaneamente le sue dimissioni dal partito conservatore che ha accusato di essere «infetto dal populismo e dal nazionalismo», adesso il primo ministro conservatore si prepara idealmente alla prossima campagna elettorale, che sarà basata tutta sull’uscita del Regno Unito dall’Ue. Con o senza accordo.