«Riflettere sulle storie raccontate nei libri ha un effetto molto simile a quello di una buona psicoterapia». Ne è convinta Rachele Bindi, psicologa, psicoterapeuta, autrice de “I libri che fanno la felicità” (Vallardi, 240 pagine, 15,90 euro).
Nel volume l’esperta parla della libroterapia, un metodo, di cui è ideatrice, che utilizza la lettura dei libri per ricercare l’equilibrio interiore e curare i malesseri dell’anima. Secondo questa metodologia la lettura dei libri non è semplicemente un passatempo o un modo per arricchirsi culturalmente, ma l’occasione per indagare se stessi e scoprire il vero significato della parola felicità. «Il libro è una fonte di esperienze vicarie per il lettore, che attraverso la lettura ha l’opportunità di mettere in atto meccanismi identificati salvifici, proiettivi e catartici, usandone personaggi e trame» spiega l’esperta. «Leggere con il metodo libroterapico avvia un confronto profondo con noi stessi. Porta a quella conoscenza della propria psiche tale da aiutarci a compiere il nostro cammino individuale verso la realizzazione personale» prosegue la psicologa Rachele Bindi.
In che modo i libri aiutano a curare i malesseri dell’anima?
«I libri ci aiutano a conoscere noi stessi e a diventare ciò che siamo. La lettura libroterapica presuppone un impegno costante da parte del lettore che dovrà interrogarsi sul significato profondo della storia, su ciò che in lui smuove e riflettere su se stesso in relazione alla trama stessa» spiega la psicologa Rachele Bindi.
Quali sono i benefici della libroterapia?
«Questo genere di lettura apporta numerosi vantaggi. Promuove il cambiamento e il benessere. Porta un senso di compiutezza. Aiuta inoltre a comunicare meglio con gli altri e a nutrire quelle parti di noi che per mille ragioni possono essere in un determinato momento più fragili. Leggere per esempio delle storie che facciano riflettere sulle relazioni interpersonali può aiutare a riprendersi da una delusione amorosa, arrivando a comprendere cosa si cerca davvero nel partner e cosa non fare per avere una relazione funzionale. Il libro infatti non è solo uno svago o uno strumento di conoscenza intellettuale, ma un arricchimento per la nostra vita interiore. Applicando il metodo, una volta conclusa la lettura, ci si sentirà arricchiti» dice l’esperta.
Perché abbiamo bisogno delle storie raccontate da altri per confrontarci con la vita reale e affrontare meglio sentimenti, emozioni, situazioni ed esperienze “no”?
«Sono le storie a insegnarci come camminare nel mondo, sin dalla notte dei tempi. La narrazione ci accompagna in ogni fase della vita. Basti pensare alle fiabe durante l’infanzia, ai racconti di famiglia. Perdere l’opportunità di confrontarsi con le storie degli altri, come sosteneva Eco, significa arrenderci a vivere una sola vita» dice la psicologa Rachele Bindi.
I libri permettono di ritagliarsi dei momenti di solitudine. Perché sono importanti per la nostra vita?
«Quando stiamo da soli abbiamo l’opportunità di avviare un dialogo profondo con noi stessi. Abbiamo l’occasione di mettere via tutte le maschere che in qualche modo indossiamo quando siamo a contatto con gli altri, di concentrarci solo su di noi. Passare dei momenti in solitudine ci aiuta ad essere pienamente noi stessi. Diverse ricerche scientifiche dimostrano che passare almeno quindici minuti in solitudine ci rende più calmi e meno stressati» dice l’esperta.
Ci sono luoghi che più di altri sono indicati per la lettura?
«Ogni luogo va bene per leggere se lo facciamo per passare il tempo e per distrarci. Se vogliamo applicare il metodo libroterapico sarebbe meglio scegliere dei posti tranquilli, dove possiamo immergerci nella storia con serenità e senza venire disturbati» suggerisce la dottoressa Rachele Bindi.
In che modo trovare il libro giusto più adatto a noi e al periodo che stiamo vivendo?
«Creare la propria reading list è un po’ come diventare buoni lettori di se stessi riuscendo a comprendere su quali tematiche siamo maggiormente concentrati a livello psichico. Imparando a guardarsi dentro possiamo comprendere di quale tipo di storie abbiamo bisogno e correre a cercarle. A quel punto avere un buon libraio di riferimento, seguire i blog letterari, leggere le critiche e sapersi destreggiare tra le nuove uscite sono le strategie da mettere in campo per riuscire a trovare i titoli migliori per noi» spiega l’esperta.
Per chi vive un momento difficile qual è il libro che suggerisce di leggere?
«Il consiglio è di non scegliere storie che ricalchino la situazione, ma racconti diversi che possano dare spunti di riflessione puntando su trame in cui il protagonista mostri una buona attitudine alla creatività o alla resilienza. Per esempio a chi ha perso il lavoro suggerisco la lettura de “L’uccello che girava le viti del mondo” di Haruki Murakami. Questo libro è incentrato proprio sulla storia di un uomo che ha perso il lavoro e che cerca il suo equilibrio occupandosi della cucina e stirando le camicie. Saranno le vicende relazionali che si intrecciano nel romanzo a costringere il protagonista, Okada Toru, come afferma l’autore stesso, a “usare l’immaginazione per rompere le catene” e a tornare ad interrogarsi sulla necessità di lavorare».
E per chi vive invece emozioni forti come l’insicurezza quali libri consiglia di leggere?
In questi casi è necessario storie che aiutino a comprendere le radici profonde di questo disagio e aiutino a confrontarsi con la propria autostima, come ad esempio “Mi chiamavano piccolo fallimento” di Gary Shteyngart. Questo libro può aiutare il lettore a smettere di pensare a cosa gli altri si aspettino da lui per iniziare a scegliere chi vuole essere. Oppure “La metà di niente” di Catherine Dunne, che porta il lettore a confrontarsi con la storia di una donna che mentre la sua vita naufraga riesce finalmente a trovare la propria autostima. Il lavoro è sempre a carico del lettore, che davanti alla storia deve imparare a registrare le proprie emozioni, le proprie reazioni, consce ma anche inconsce, come i sogni scaturiti dalla storia stessa, e ad elaborarle per conoscersi meglio e arricchire il proprio bagaglio esperienziale» conclude la psicologa Rachele Bindi.