Basta una sequenza, che è nell’immaginario collettivo, per raccontare la grandezza di Piero Tosi. È quella della scena del ballo nella versione cinematografica del Gattopardo. Quel vestito bianco che indossa Claudia Cardinale è un’icona. Quel vestito bianco lo ha creato uno dei più grandi costumisti italiani, Piero Tosi, morto a 92 anni a Roma.
Era nato nel 1927 a Sesto Fiorentino e senza la sua opera non sarebbero stati tali decine di capolavori cinematografici. Aveva studiato a Firenze all’Accademia delle Belle Arti, ma già da ragazzo disegnava i costumi delle opere di Shakespeare che leggeva. Aveva un gusto maniacale del dettaglio e parte dormisse con i tessuti prima di sceglierli, per ascoltare quello che avevano da dire.
Il debutto nel 1948 con Bellissima in cui vestì Anna Magnani. Solo la prima di una serie di star che sono nella nostra memori con gli abiti che lui ha creato come quelli indossati da Romy Schneider in Ludwig. Franco Zeffirelli lo introdusse a Luchino Visconti con cui lavorò una vita. «Non voleva costumi», ha raccontato Tosi, «ma vestiti “rubati”, presi dalla realtà, dalla strada….Il lavoro non era difficile, una sorta di trovarobato che poi mi servì per capire la verità di un abito e la necessità che il costume non vesta il corpo, ma ci si adatti come una seconda pelle… Non ho mai saputo dire davanti a un bozzetto: Ecco, è meraviglioso, è perfetto. No, lo accantono e poi mi ributto a disegnare».
Sono suo gli abiti di Morte a Venezia, oltre che del Gattopardo, di Senso e Rocco e i suoi fratelli. A Stanley Kubrick, come a molti altri, aveva detto no. Lavorò invece con De Sica (la Sophia Loren inebriante di Matrimonio all’italiana), Fellini, Pasolini, Bolognini, Liliana Cavani (sono sue le bretelle a X sul corpo nudo di Charlotte Rampling, nel Portiere di notte). Hollywood gli ha dato l’Oscar alla carriera nel 2014, dopo 5 nomination andate a vuoto. Non sarebbe andato a ritirarlo neanche quarant’anni prima perché non amava viaggiare e temeva l’aereo.
«Per La mia Africa», raccontava, «c’era il lungo viaggio. Kubrick per Barry Lyndon disse che era abituato ad avere il meglio del mondo pagando il minimo: fui contento di vedere un tale capolavoro senza faticare». Lavorava sempre nei suoi luoghi cari, senza spostarsi se non con le citazioni dai Macchiaioli a Monet, passando per Boldini e Leonardo. La Sartoria di Umberto Tirelli raccoglie i suoi capolavori (nella gallery in alto quelli in mostra a Roma nel 2016) e ne seguono le orme grandi costumiste come Milena Canonero e Gabriella Pescucci.