Lunedì mattina, come suo solito in ritardo sull’alleato, è arrivato anche Luigi Di Maio a sganciare la sua perla: «Parlare quasi più del ragazzo bendato che del nostro carabiniere ucciso significa buttarla in caciara». Dopo due giorni di silenzio il vicepremier del partito più rappresentato in Parlamento, leader della forza che in passato più si è battuta per l’introduzione del reato di tortura in Italia, torna a parlare solo per scimmiottare le parole del suo ingombrantissimo alleato di governo.
Quel Matteo Salvini che domenica, in spregio a ogni dovere istituzionale, ha condiviso la foto di Gabriel Natale-Hjorth bendato spiegando che di quel reato documentato dalla foto, lui, fondamentalmente se ne lava le mani: «A chi si lamenta della bendatura di un arrestato, ricordo che l’unica vittima per cui piangere è un uomo, un figlio, un marito di 35 anni, un Carabiniere, un servitore della Patria».
E dunque, se non arrivano ufficialmente a sdoganare la tortura, i due vicepremier lanciano implicitamente un messaggio gravissimo, barbaro, quasi degno di un regime autoritario, riassumibile in tre parole: ben gli sta. Dimenticano i doveri di uno stato di diritto, ignorano il rispetto dei diritti umani, perdonano un palese reato, in nome di un’unica giustificazione che nulla giustifica: la rabbia e l’indignazione. Ben gli sta, a quel ragazzino.
Se ne fregano, i due vicepremier, persino delle parole molto più istituzionali e piene di senso dello Stato dei vertici dei Carabinieri. «Quanto è successo è molto grave. Abbiamo subito avviato inchiesta interna per individuare i responsabili», si è precipitato a dire il Comandante Generale dell’Arma Giovanni Nistri. «Ho fatto trasferire subito quello che ha avuto l’idea di bendare il ragazzo», ha aggiunto Francesco Gargaro, Comandante provinciale dei Carabinieri di Roma. «Non è un comporamento accettabile. È un fatto gravissimo». A cercare di riportarci in uno stato di diritto è stato anche il premier Giuseppe Conte, uomo di legge che ha «rivelato» un concetto semplice eppure poco compreso: «Bendare un indagato è reato».
Di più. A giudicare dalle loro parole Di Maio e Salvini non tengono conto neanche dell’ulteriore disgrazia di quella foto, che rappresenta un punto gigantesco a favore della difesa dei ragazzi accusati. «Avranno conseguenze sulla credibilità della giustizia italiana, sulla valutazione delle prove o confessioni rese nell’immediatezza», ha spiegato l’ex presidente della Consulta ed ex Guardasigilli Giovanni Maria Flick.«Se fossi l’avvocato dei due ragazzi, userei subito quella foto per invalidare l’intero procedimento legale», ha aggiunto Alan Dershowitz, professore di legge ad Harvard, tra i penalisti più famosi degli Stati Uniti. «Sono la prova che il ragazzo ha subito un trattamento illegale».
Niente. I leader populisti raccattano simpatie riciclando e facendo propri gli istinti più beceri (e incostituzionali) presenti tra parte della popolazione: ha ammazzato un carabiniere? Ben gli sta. Purtroppo o per fortuna, non sta bene a nessuno, neanche a quelli che adesso danno loro ragione: il rispetto dei diritti umani nei confronti degli arrestati, condannati o fermati in attesa di giudizio è una delle più grandi conquiste della civiltà, arrivata dopo secoli e secoli di barbarie, per la quale sono morti milioni di uomini e donne. Vale per gli innocenti così come per i rei confessi. Vi farà piacere ricordarvelo, semmai doveste finire una notte in caserma.