«Love is the drug»: Ghali sta combattendo la deriva xenofoba e il razzismo diffuso in tutta Europa con canzoni che puntano a unire e a sanare piuttosto che a dividere.
Pistole, violenza spericolata, abusi domestici, droghe, denaro, misoginia, guerra tra bande: sarebbe troppo facile e troppo conveniente pensare di poter racchiudere l’intero genere rap in una piccola scatola pulita e bandirne tutto il contenuto mentre ci si siede compiaciuti sul piedistallo della moralità. Sebbene tutti questi clichés esistano, se si volesse andare a cercarli (come succede ovunque, francamente), basterebbe chiedere a chiunque senta un vero amore per la cultura hip hop per sentire parlare piuttosto di liricità, di destrezza verbale, di un movimento trasformatore, e soprattutto e, più di tutto, di ispirazione. Eppure il rapper italiano Ghali Amdouni, 26 anni, è qualcosa di completamente diverso: un uomo che sembra rappresentare qualcosa di più della somma delle sue canzoni diventate di successo, non ultimo nella sua terra, l’Italia. Definire Ghali come la prima icona rap socialmente illuminata potrebbe sembrare pomposo, ma se si guarda un po’ più da vicino il suo mondo e il suo viaggio, sembrerà che in tutto ciò c’è qualcosa di miracoloso.
«Se conosci la mia storia», racconta Ghali all’inizio dell’ultima collaborazione video tra l’edizione britannica di GQ e Gucci, e qui visibile in esclusiva, «è difficile credere che possa esserci speranza». Nato in una famiglia di immigrati tunisini, il cantante è cresciuto con la madre, mentre il padre, dopo aver abbandonato la loro casa, è finito in prigione. All’inizio, la vita per Ghali è stata segnata da disturbi e preoccupazioni economiche: per un certo periodo di tempo, lui e sua madre sono stati dei senzatetto, dormivano su dei tappeti e cucinavano su un fornello da campeggio. Eppure, nonostante quest’infanzia, caratterizzata da instabilità e povertà, la madre di Ghali si è sempre assicurata che suo figlio sviluppasse il desiderio di distinguersi e la voglia di innovare attraverso la creatività. «La scuola è stata molto importante per me», continua il cantante, con affetto. «È lì che ho capito che avrei potuto creare qualcosa tramite l’arte. Il mio insegnante mi ha incoraggiato a continuare a scrivere; così ho imparato che potevo portare avanti le mie battaglie sociali attraverso la musica, le parole e i testi, piuttosto che attraverso la violenza fisica. Ho iniziato a creare storie per i miei compiti e adesso scrivo hit per l’Italia».
E ha ragione: oggi Ghali sta rapidamente diventando un’icona, anche se il messaggio che porta avanti e che diffonde attraverso la sua musica è diverso dalla solita rap che propone ostentazione e dai comportamenti delle star e della musica rap. Il suo slogan non ufficiale è T.V.B, un modo di dire che somiglia più a un mantra piuttosto che a un jingle, qualcosa che unisce la sua musica alla propria coscienza e a quella dei suoi fan. «Significa “’ti voglio bene”, che significa “ti amo’”», sorride il cantante. «È divertente come in inglese ci sia un solo modo per dire «ti amo», mentre in italiano ne abbiamo molti di più, uno per ogni diversa situazione. Puoi dire “ti amo” alla tua ragazza o a tua madre, per esempio, ma a un tuo amico o a un tuo compagno di classe dici «ti voglio bene». Significa che «voglio il meglio per te». Questo messaggio di inclusione, di armonia e di amore si riflette nella sua immagine e nel suo stile unico: Ghali è una tavolozza piena di colori vividi. «Ho dovuto comprare una nuova casa perché fosse adeguata al mio guardaroba», ammette. E a guardare il profilo Instagram della star, è pieno zeppo di emoji arcobaleno.
«Penso che qualsiasi genere di musica possa unire le persone», continua. «Se la musica è buona, tu, a volte, puoi creare una comunità. E non nel senso di folla ma proprio di comunità, una di quelle che arriva ad accamparsi fuori dallo stadio tre giorni prima di una tua esibizione. In tutto ciò Ghali sente un senso di responsabilità? Il fatto che sia figlio di immigrati musulmani e di lingua araba – uno che è arrivato al successo in un Paese che ha profondi problemi di identità nazionale e di xenofobia – non lo rende indifferente da tutto ciò.
«Penso che la musica, a volte, possa essere un’arma, ma in senso buono. A volte non puoi sfuggire da tutto questo, sei tu ad avere la responsabilità e devi guardare in faccia la realtà». Nonostante il rapper tronchi qualsiasi domanda diretta su politica o religione, il suo messaggio è lì, nei suoi testi, nascosto in bella vista. «Quando mi dicono “Torna a casa!”, io rispondo “Sono già a casa”». Possa Ghali arrivare sempre più in alto: non ci si può non chiedere che mondo sarebbe se ci fossero molti altri cantanti come lui, dalla stessa sua parte.