Dopo oltre una settimana di apprensione per la sua salute, Tinto Brass, 86 anni, maestro del cinema erotico italiano, è stato dimesso dall’Ospedale Sant’Andrea di Roma. Lo scorso 9 luglio era stato ricoverato d’urgenza dopo un malore (si era parlato di un’ischemia) nella sua villa di Isola Farnese. Gli era salita improvvisamente la febbre e la moglie Caterina Varzi aveva chiamato i soccorsi. Brass era stato ricoverato in terapia intensiva, con prognosi riservata.
Con una nota, il regista ha fatto sapere di stare bene e di essere prossimo al recupero completo: ha voluto ringraziare il personale sanitario che si è occupato di lui, oltre che le persone che gli sono state vicino in questi giorni difficili. «Dove c’è un grande amore c’è una grande forza, mia moglie Caterina mi ha dato e continua a darmi la gioia di vivere», ha scritto. «Posso ancora dire che il senso della vita è essere presenti per godere di ogni istante». A Brass sono arrivati anche gli auguri di completa guarigione da parte dell’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato. «Voglio anche ringraziarlo per le belle parole espresse nei confronti della struttura e dello staff sanitario che lo ha avuto in cura».
Nove anni fa, il 16 maggio del 2010, il regista, vedovo, da undici anni, di Carla Cirpriani e padre di Bonifacio e Beatrice, fu colpito da un ictus e perse la memoria, che poi recuperò completamente. E fu proprio in quei momenti che si rafforzò il legame con Caterina, che rimase con lui fino alla dimissione. Ex avvocata e ricercatrice universitaria con la passione della psicanalisi, era stata protagonista di un suo cortometraggio, Hotel Courbet: lui la chiamava «musa ermeneutica». Si sposarono il 3 agosto di due anni fa.
A lei, Tinto Brass ha deciso di delegare le scelte più importanti, quando non potrà più farle lui: «Nel caso in cui io non sia più in grado di badare a me stesso Caterina sceglierà per me la cosa giusta. Le consegno la chiave della mia vita, sicuro che la girerà al momento giusto». Il regista ha sempre dichiarato di voler essere libero di decidere di porre fine alla sua vita, «prima di perdere la dignità». Ma, per fortuna, non ce n’è stato bisogno.