Un anno fa, di questi tempi, ad Hollywood, infuriava la polemica. Scarlett Johansson non avrebbe dovuto portare al cinema le imprese malavitose di Dante Tex Gill, un criminale di Pittsburgh che, nel 1930, nacque Lois Jean Gill. Altri attori trans avrebbero dovuto farlo, ha protestato la comunità Lgbtq americana, urlando e vociando fino a che l’attrice è stata destituita. Rub & Tug, film nel quale avrebbe dovuto calarsi nei panni del boss transgender, ha visto la Johansson abbondare set, copioni e regista. Troppo rumore. Troppo veleno.
La faccenda, nei giorni seguenti alla defezione della bionda, si è piano piano sgonfiata. Ma Scarlett Johansson non l’ha dimenticata. Anzi. In una intervista rilasciata nel weekend al giornale As If, è tornata sul caso, includendo nel calderone delle ingiustizie anche i soprusi subiti quando ha recitato in Ghost in the shell, dove – dicevano – avrebbe dovuto esserci un’asiatica.
«Credo che la società sarebbe più unita se permettessimo a ciascun individuo di avere i propri sentimenti, senza aspettarci che tutti si sentano così come noi ci sentiamo», ha detto a proposito di un politicamente corretto imperante. Un politicamente corretto che ha fatto capolino pure all’ombra del Monte Lee, sradicando gli attori dalla propria professione. «Da attrice, mi dovrebbe essere permesso interpretare qualsiasi persona, qualsiasi albero, qualsiasi animale perché questo è il mio lavoro», ha detto, liquidando come lo sdegno provocato dal suo ingaggio come Dante Tex Gill alla stregua di un «trend» interno all’industria.
https://twitter.com/NinaLMohan/status/1150119561405980672«Credo che ci sia una sorta di tendenza e credo che debba esserci per varie ragioni sociali», ha spiegato, «Ma ci sono momenti in cui questa tendenza si riverbera sull’arte suscitando disagio e io credo che l’arte debba essere libera», ha concluso la Johansson, provocando (di nuovo) una dura reazione della comunità Lgbtq.
«Adesso paragona un trans a un albero o a un animale», hanno scritto su Twitter, urlando, ancora una volta, allo scandalo.