Saranno l’incubo degli ultimi giorni della vostra adolescenza, che si trasformerà nel sogno più ricorrente della vostra età adulta. Ci hanno girato film, pensato aforismi e scritto canzoni. Sembra di sentirli ancora, «gli aerei che volano alto tra New York e Mosca», che chissà cosa volevano significare. Perciò un consiglio, cari maturandi: ricordate ogni singolo dettaglio di questi giorni, perché un bel po’ di cose accadute le racconterete per il resto della vostra vita.
I pomeriggi di giugno a studiare cose già dimenticate, a casa.
Le sei ore seduti dietro a un banco, per la prima volta d’estate. Col caldo di una stagione già iniziata che entra dalle finestre di un corridoio sempre troppo lungo.
Quell’esame orale, davanti a dieci adulti seduti lì soltanto per giudicarvi.
I saluti ai professori, visti per la prima volta come normali adulti.
Quelli ai compagni, che se ne andranno per la loro strada.
E quelli al bidello, un amico da lasciare.
Ma forse tra 30 anni, cari maturandi, degli esami di maturità ricorderete più di tutto una cosa: il tentativo disperato e spesso geniale di evitarli. O quantomeno di superarli senza sforzo, che è quasi la stessa cosa. Perché chi diavolo è mai voluto diventare maturo, prima di esserlo?
Vi ricorderete i metodi più spicci per farlo (una visita alla prof d’italiano o di matematica alla ricerca di inside), quelli più rischiosi (il compito passato tramite la finestra da un amico di un anno più grande), quelli più tecnologici (l’auricolare nell’orecchio nascosto dal compagno con i capelli lunghi) e quelli più disperati (il cugino che vive in Argentina e che grazie al fuso orario sa le tracce prima di tutti, come se i temi fossero uguali in tutto il mondo).
Il mio tentativo preferito avvenne nel 1976. Alla vigilia della prova d’italiano, uno sconosciuto, si presume un ragazzo che aveva la vostra età oggi, si spaccio per il provveditore agli studi di Pavia e chiamò la preside di una scuola pavese. Chissà come, riuscì a convincerla ad aprire la cassaforte dell’istituto, prendere la busta contenente le tracce dei temi, aprirla rompendo i sigilli e farle leggere tutto il contenuto. Motivo: c’era un errore di trascrizione da correggere. Dopo la telefonata, la suora-preside fu colta dal terribile dubbio e allertò le autorità.
Risultato: la prova d’italiano venne rimandata in tutta Italia di un giorno. Il tempo di preparare le nuove tracce. Il tempo bellissimo di un’altra notte prima degli esami.