Non fosse stato per il calcio, probabilmente, la sua vita avrebbe preso una strada completamente diversa, e non per forza con una via d’uscita positiva. Khadija Shaw, o più semplicemente Bunny per via di due begli incisivi superiori e di una passione smisurata per le carote, è la stella della Giamaica che oggi alle 18 sfida l’Italia nei Mondiali di calcio femminile. Lei e le Reggae Girlz hanno compiuto l’impresa di essere la prima nazione caraibica a qualificarsi per la competizione, e ora, anche se partono dalla posizione di ranking più bassa tra tutte le squadre in gara, vogliono stupire.
Bunny, per la verità, l’ha già fatto. A 14 anni giocava già nella nazionale Under 20 del suo Paese e grazie alle sue doti da prima punta si è guadagnata una borsa di studio all’Università del Tennessee, dove si è laureata a maggio, giusto un mese prima di partire per i Mondiali, diventando la prima a ottenere un diploma universitario in una famiglia numerosa e decisamente non ricca, con un padre calzolaio e una madre che alleva polli.
In Giamaica, nella vecchia capitale di Spanish Town, Bunny ha lasciato 5 sorelle e 7 fratelli. Tre di loro sono morti in scontri tra gang, un quarto in un incidente stradale, un suo nipote è rimasto gravemente ferito in un altro episodio di violenza. Si è così abituata alla tragedia da arrivare al punto di rifiutarsi di rispondere al telefono quando suona, per paura di ricevere un’altra cattiva notizia.
Alcune settimane prima della sua laurea, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha emesso un avviso in cui avvertiva i turisti americani di evitare Spanish Town perché «violenza e sparatorie sono all’ordine del giorno». «È una battaglia crescere in un ambiente del genere e vedere come loro abbiano perseverato, ciò che ha motivato loro a voler motivare me – ha raccontato parlando dei suoi genitori – Talvolta davvero non so come siano abbiano potuto realizzare ciò che hanno fatto, ma ci sono riusciti».
Lei, invece, il disagio economico e sociale ha deciso di prenderlo a calci, fin da bambina, nonostante le perplessità di mamma Monica. In un Paese dove il calcio femminile non è mai stato visto di buon occhio e la Federazione ha chiuso i battenti alla nazionale tra il 2010 e il 2014, prima che arrivasse Cedella Marley, figlia di Bob, a raccogliere finanziamenti per far ripartire le Reggae Girlz, Bunny giocava con tutto quello che le capitava tra i piedi, letteralmente: pezzi di carta, lattine, bottiglie di plastica, persino il telecomando del televisore, usando persino le scarpe eleganti quando la mamma non era in casa.
Giocava per strada coi maschi. Lei aveva 7 anni, loro 14 o 15, ma non la mandavano via. La volevano con loro, e se Bunny non c’era andavano a cercarla. «Quando mi sentivo giù venivano a casa mia e gridavano il mio nome. Se non li raggiungevo, entravano e mi trascinavano fuori».
È così che Bunny ha sviluppato il suo stile di gioco. L’esordio Mondiale col Brasile, nonostante la sconfitta per 3-0 della sua nazionale, ha confermato tutte le qualità di un attaccante che a 14 anni già giocava nella Giamaica under 20, che alle superiori è stata capace di segnare 128 gol e aggiungerci 72 assist, che ne ha fatti 13 in 15 partite disputate l’autunno scorso con la maglia della University of Tennessee, che nel 2018 è stata scelta come calciatore dell’anno dal Guardian.
A un certo punto della partita col Brasile, Bunny ha tirato una bomba praticamente da ferma dal limite dell’area, verso l’incrocio dei pali, costringendo la portiera Barbara a quella che è forse la parata più bella del Mondiale finora. La potenza espressa dai suoi quadricipiti e la resistenza al contatto fisico sono il frutto delle sfide coi ragazzi, a cui ha sempre chiesto di giocare con lei nel modo più duro possibile.
Bunny non ha paura dei contrasti, anzi, secondo il suo ct Hue Menzies ci si lancia pure con troppa convinzione, rischiando di farsi male. Il suo metro e 80 d’altezza le dà un vantaggio atletico più che discreto sulle avversarie, ed è accompagnato da grandissime doti tecniche, dribbling, rapidità di gambe e di pensiero, una visione di gioco invidiabile. Ecco perché le francesi del Bordeaux si sono affrettate a farle firmare un contratto di due anni prima ancora che il Mondiale facesse in modo che tutti si accorgessero di lei.
E ora gioca un Mondiale che sembrava impossibile per la Giamaica, che cinque anni fa nemmeno esisteva e quattro anni fa falliva la qualificazione per Canada 2015, che negli ultimi anni si è allenata in Florida su campi municipali, dimenticata dalla Federazione, salvata da Cedella Marley. Così Bunny può continuare a rincorrere quel pallone che le ha cambiato la vita. «Mi libera. Sul campo non penso ad altro che al voler vincere. Sono libera, rilassata. Non mi concentro su nulla. Lo uso come motivazione per andare avanti».