Ahlam ha i capelli del colore della terra e un sorriso bianco come la luna. Della Giordania ama tutto, con una fierezza che la rende regina, soprattutto da quando ha cominciato a girarla a piedi, a scalarne le falesie, a riconoscerne i fiori e a scoprire luoghi di civiltà antiche ancora nascoste, location suggestive per le sue pratiche di acroyoga. Oggi è una guida di trekking e con lei il numero di donne che svolge questo lavoro nel mondo outdoor si conta sulle dita di una mano.
Lei è stata la nostra host, la guida che ci ha dato la possibilità di scoprire le antiche terre bibliche in scarpe da hiking e notti in tenda. Airbnb l’ha scelta per lanciare il suo nuovo progetto: le Avventure Airbnb, estensione delle Esperienze che consentirà agli ospiti della piattaforma di vivere momenti unici scoprendo meraviglie naturali, culture e comunità a cui difficilmente avrebbero accesso da soli. Una nuova raccolta di esperienze della durata di più giorni offerte dalle persone del luogo. A oggi, le avventure proposte sulla piattaforma sono 200 in tutto il mondo, ma con un importante incremento previsto entro la fine dell’anno. E sono pensate per piccoli gruppi, di massimo 12 ospiti. Tra un camping sospeso in Colorado, la magia dell’Oman e l’inseguire i branchi di leoni insieme ai guerrieri Samburu , c’è anche il viaggio in Giordania, un trekking di circa 80 chilometri in sette giorni, da Dana a Petra, che abbiamo provato per voi.
Durante il nosto andare, Ahlam ci ha insegnato che quando si entra in una tenda beduina si viene accolti come re, trattenuti come prigionieri e si riparte come poeti. Ci piace pensare che si tratti dell’ospitalità del paese stesso, capace di accogliere con le promesse di meraviglia, catturare per la sua vastità e voglia di scoprire sempre cosa ci sia dietro la prossima curva e infine trasformare in narratore chi, andandosene, racconterà di lui come un posto fermo nel tempo e moderno insieme.
PERCHÉ A PIEDI È MEGLIO
Per migliaia di anni la Giordania è stata attraversata a piedi, partendo dai commercianti nabatei di cui oggi il paese conserva tesori di inestimabile bellezza, agli antichi edomiti che percorrevano la via commerciale della Strada dei Re fino a Damasco. Viaggiare a piedi è una pratica antica e così lo sono i percorsi tracciati che dopo anni di lavoro e più di 40 volontari che hanno mappato il percorso, sono stati riuniti sotto il cosiddetto Jordan Trail, un sentiero che attraversa la Giordania da nord a sud. Oltre 650 chilometri che toccano 52 paesi e città.
Così abbiamo provato anche noi a immergerci in questa antica tradizione del viaggiare lento per permetterci di emozionarci quando all’improvviso davanti ci appare l’inatteso: una vista a picco sulla biosfera di Dana, l’antica città di Petra, con i suoi tesori di epoche antiche, le sabbie del deserto e le montagne nell’area del Wadi Rum fino alle acque del Mar Morto. Per farlo, siamo partiti da Amman, città costruita su sette colli e cresciuta in un labirinto di strade e saliscendi e continuato per un percorso lungo sette giorni. Qui Ahlam ci ha presi per mano per la prima volta, con la sua massa di ricci su cui appoggia un cappello rosso, troppo piccolo per quel groviglio di capelli.
PERCHÉ UN’AVVENTURA VALE DI PIÙ
Vivere al di fuori della propria comfort zone è una sfida prima di tutto con sé stessi. Ma allo stesso tempo accende tutti i sensi, risveglia l’istinto e rende più leggere le preoccupazioni quotidiane, perché entrano nuove priorità. Noi abbiamo dormito in mezzo alle dune di due deserti, sotto una luna talmente grande che rischiarava a giorno nascondendo le stelle, tranne alcune, baluardi e testimoni di anni di navigazioni senza gps. Osservarle è stato rassicurante. Sono lì da sempre, uguali da ovunque le si osservi.
La prima notte passata nel Wadi Ghunweir, arriva dopo un lungo trekking da Dana a Little Petra. Il corredo per questo viaggio è tecnico, semplice e leggero. Nei mesi tra febbraio e maggio e di nuovo tra settembre e novembre si può godere del clima perfetto per approfittare di sentieri che si immergono nelle biosfere naturali, come quella che si apre ai piedi di Dana, villaggio in pietra arroccato su un precipizio sotto la Strada dei Re. Insieme a Ahlam c’è Alì, beduino dallo humor contagioso, autodefinito VIB: Very Important Beduin.
È lui ad accompagnarci per un tratto di percorso, fermando il gruppo di fronte a quello che resta del tempo in cui tutto quello che c’era, era mare: ovvero fossili ben conservati nella roccia e in una terra che ora l’acqua la chiede. Intorno fiori rosa, tantissimi a disegnare quasi un fiume. Un pranzo al sacco all’ombra di un albero che rende tutti uguali. Un gruppo di persone che non si conoscono, condividono acqua al riparo dal caldo sole di Giordania in un simposio così equo che non importa nient’altro se non il qui e ora.
La seconda parte della giornata prevede un cammino verso Little Petra, uno dei luoghi da cartolina che costruiscono l’immaginario iconografico della Giordania. Il percorso di dirama attraverso un sentiero che non si risparmia in salite e discese e si fa avvolgere da canyon di terra rossa e aranciata, dove ogni sommità alla fine di una salita è un buon punto per guardarsi intorno ed emozionarsi.
Il National Geographic e la Lonely Planet hanno iscritto questo tratto del Jordan Trail tra i percorsi più belli al mondo. Sia per gli strapiombi, la conformazione della roccia ma soprattutto per i punti di arrivo: uno su tutti, il Monastero, uno degli edifici più noti e più grandi dell’antica città di Petra. Che poi in fondo erano camere mortuali, ci spiega Ahlam, che all’esterno si presentano come templi imponenti scavati nella roccia per sottrazione. Dei bassorilievi, quando ancora la tecnica non si chiamava: si faceva e basta.
I pick up ci aspettano per portarci all’accampamento nel deserto. Intorno a noi un gruppo di beduini si sfida a gare di asini e cavalli, con un sole tondo, giallo e grande, che quasi non ci credi. L’atmosfera è da far west, l’emozione è da ultimo posto della terra. Per noi tende da campeggio ben allineate e un secchio pieno d’acqua con una scodella come doccia. Lezione di vita sull’importanza di questo bene che spesso crediamo scontato e una sensazione primativa nel farsi bastare quel poco che si ha, senza pensarci troppo.
PERCHÉ FAR FATICA È CONQUISTA
Il giorno seguente è quello più atteso: il momento di Petra, la città rossa, capitale dei Nabatei. Pensare a questo angolo di mondo rimanda, volente o nolente, a quel sogno chiamato Indiana Jones che ha fatto di questo luogo un punto importante dell’immaginario della leggenda dei templari. Eppure Petra sa stupirti perché questo luogo scoperto per testardaggine di un esploratore svizzero (Johann Ludwig Burckhardt) nel 1812, è molto di più di quello che semplici immagini da cartolina possono raccontare.
È insieme un tempio, un teatro, una strada maestra colonnata e tanti cunicoli scavati nella roccia. Un percorso che attraversa le epoche pre cristiane, romane, bizantine, il medioevo e arriva fino ai giorni nostri in una commistione di generi e luoghi incredibili. Ahlam ci racconta che quando viaggia da sola per queste terre, le capita di imbattersi in angoli non ancora scoperti, stanze mortuarie così ben conservate, che suscitano un senso di proverbiale rispetto. In fondo, solo il 40% del territorio è stato sottoposto a scavi. Le tombe sono in gran parte ricavate nell’arenaria policroma, roccia resistente, ma facile da scavare e che si presenta in una variazione di colore continua con sfumature dal giallo ocra, al rosso fuoco, al bianco, dovute alla diversa concentrazione degli ossidi durante il lungo processo di consolidamento.
Ci arriviamo camminando sotto un sole a picco, dopo aver percorso un sentiero a strapiombo sulla bellezza e spuntando alle spalle del Tesoro, dove pochi turisti arrivano, concentrati in un percorso frontale tra canyon e beduini che offrono passaggi su carri e cavalli in un incalzante vociare e in un continuo e frenetico via vai. Arrivarci in questo modo tiene intatta la magia, perché non te lo aspetti, perché non trovi nessun altro e perché davvero te lo sei guadagnato questo angolo di bellezza. La notte l’abbiamo passata tra le dune rosse del Wadi Rum, il deserto che fece innamorare Lawrence d’Arabia, pieno di iscrizioni rupestri, rocce imponenti e una calma che dall’accampamento beduino abbiamo potuto gustare, insieme a pollo e agnello cotti sotto la sabbia.
PERCHÉ CON AHLAM È PIÙ VERO
Il viaggio prosegue verso il Mar Morto, i suoi fanghi e il fluttuare nell’acqua ricca di sale. Un momento di relax fuori dall’ordinario e che aiuta a ritemprare da giornate intense. Eppure resta acceso quel fuoco che ci ha spinto giorno dopo giorno a rimetterci in cammino, quella voglia di aria aperta, di scoperta e di sapere cosa avesse ispirato le antiche popolazioni a dare vita alla meraviglia con cui ci siamo confrontati. La nostra guida risponde alle domande, una dopo l’altra, anche più volte alla stessa, nel caso qualcuno fosse distratto.
A 23 anni ha cominciato questo lavoro, nonostante la formazione da architetto. Nata a Dubai ma cresciuta ad Amman, Ahlam ha scoperto qui l’amore per l’outdoor, nella palestra d’arrampicata più grande del medio oriente. Proprio nella capitale sta nascendo una comunità di appassionati di vita e attività all’aria aperta di cui lei stessa fa parte. Viaggiare con lei vuol dire affidarsi a chi sa cosa il paese ha da offrire al di fuori dei classici itinerari su strada e quattro ruote.
Ogni nome arabo ha un significato intrinseco, il suo significa “Sogni”. Crede che il viaggio dovrebbe avere un impatto positivo sulle comunità locali per questo lavora a stretto contatto con loro. La sensazione è quella di un affidamento totale, senza riserve. E di fiducia il mondo ha sempre più bisogno.