Le avevano rotto un braccio e progettavano di avvelenarla. La mamma e il papà, entrambi 29 anni, di una bambina di 4, con disturbi cognitivi, sono stati fermati mentre erano su un pullman per Malpensa: stavano scappando verso il Cairo con gli altri quattro figli. Sono accusati di maltrattamenti e lesioni gravi verso la piccola, ora affidata ai servizi sociali. Nelle ultime settimane, altri bambini hanno subito la furia dei genitori: Leonardo è morto, a venti mesi, con il corpicino martoriato. Mehmed è stato picchiato a morte dal padre, ma le violenze duravano da tempo. Giuseppe, 7 anni, è stato ucciso a botte dal patrigno. Antonio Gabriel è stato strangolato dalla madre, che non sopportava più il suo pianto.
Genitori che picchiano e uccidono i figli. Cattivi genitori, come si chiama il libro (Raffaello Cortina editore) dello psicoterapeuta Stefano Cirillo, del centro Il Melograno – Cbm di Milano, a cui abbiamo chiesto perché sempre più spesso le madri e i padri si mostrano incapaci di gestire lo stress che comporta crescere un figlio.
I genitori stanno diventando sempre più violenti?
«I maltrattamenti nei confronti dei bambini ci sono sempre stati. Anzi, oggi i loro diritti sono più salvaguardati. In un passato non troppo lontano, la trascuratezza e l’abbandono non erano così socialmente biasimati: si pensi all’abolizione recente, in Inghilterra, delle punizioni corporali, che una volta rappresentavano una normale modalità educativa. O al fatto che il pedagogista Jean Jacques Rousseau abbandonò tutti i suoi figli senza vergognarsene. Il fatto che oggi si riservi maggiore attenzione ai bambini rende più vistosi i fenomeni di devianza: i campanelli d’allarme suonano più facilmente».
Che cosa scatta nei genitori maltrattanti?
«Oggi non è più socialmente accettabile non essere in grado di fare il genitore: c’è difficoltà a chiedere aiuto. Ma è molto raro che si comporta in modo censurabile lo riconosca e cerchi di rimediare. Oggi i comportamenti inadeguati sono meno diffusi, ma è più difficile intervenire perché chi li mette in pratica li nega».
Quali famiglie sono più vulnerabili?
«I casi di violenza si riscontrano spesso nelle fasce della popolazione più svantaggiate, nelle famiglie prive di supporto. Un tempo genitori e figli vivevano nelle cascine insieme a nonni, cugini e zii: c’era una rete pronta a sostenerli: se si può chiedere un aiuto, il rischio di “esplodere” è inferiore. Quando il nucleo familiare è isolato, invece, la sensazione di essere sopraffatti può essere forte».
Che tipo di persone sono i genitori violenti?
«Il genitore maltrattante ha spesso alle spalle una storia di infanzia infelice: è stato a sua volta un bambino dimenticato e abbandonato. Molte volte questa condizione si incrocia con una dimensione coniugale che non aiuta, che non è una risorsa a cui poter fare appello. A questi genitori, le esperienze di violenza – che molte volte hanno subito sulla loro pelle – sembrano più accessibili. Spesso si tratta di persone che fanno anche uso di droghe: cercando di curare disagi, sofferenza e rabbia, peggiorano la loro situazione psichica».
E sono incapaci di gestire lo stress.
«Sì: quando si riesce a intervenire prima che situazione degeneri, gli operatori cercano di mettere in luce gli elementi di stress. Ad esempio, se i genitori hanno più figli, può darsi che maltrattino solo quello che li mette in difficoltà, per il suo temperamento o, magari, per una disabilità. Altri elementi di stress sono la solitudine, la disoccupazione, la povertà e la mancanza di strumenti culturali».
Si tratta di persone sofferenti.
«Chi mette in atto un comportamento così fortemente contro natura sta male: quando i genitori non sanno fare i genitori, non è sufficiente istruirli, bisogna curarli. E non è detto che si riesca: spesso è quasi impossibile entrare davvero in contatto con un genitore maltrattante. Bisogna che qualcuno li accompagni in un contesto dove possano essere aiutati, ma la richiesta d’aiuto non partirà da loro».
A volte «scattano» per un pretesto futile.
«E quando si mettono in atto simili comportamenti per un nonnulla, è perché c’è un disfunzionamento profondo alla base».
Quali sono i tipi di persone che possono diventare genitori cattivi?
«Ognuno ha una diversa soglia di sopportazione dello stress. Chi è abbastanza sereno ed equilibrato non rischia di diventare un cattivo genitore. Certo che se si perde il lavoro, ci si ammala e i figli non dormono, anche la persona più sana può essere messa in difficoltà. Ma di solito si può contare su una rete a cui chiedere aiuto. È quando lo stress non viene bilanciato dai fattori protettivi che si può arrivare a perdere il controllo».
Quali i campanelli d’allarme a cui un genitore dovrebbe fare caso per capire che la situazione gli sta sfuggendo di mano?
«Perdere subito la pazienza, essere sempre di cattivo umore, dormire poco, non sentirsi sostenuto dall’altro genitore. Se si accumulano i segnali di cedimento, il rischio di crollare è forte. La maggior parte della gente se ne accorge e fa qualcosa per tirare il fiato: rinuncia a una fonte di stress o chiede aiuto a un professionista, al medico di famiglia, a un amico, a un sacerdote».
E le persone fuori dalla famiglia, come possono accorgersi che una situazione sta diventando pericolosa?
«Spesso se ne rendono conto facilmente, ma tacciono per non immischiarsi, per non sentirsi respinti o essere aggrediti. Se i genitori sono disposti a farsi aiutare e riconoscono la loro difficoltà, le persone vicine possono indirizzarli a un consultorio familiare. Se invece la situazione è già degenerata, chi ne è testimone deve avvertire forze dell’ordine che si metteranno in contatto con tribunale e assistenti sociali. Chi assiste in silenzio, spesso, poi, ha motivo di pentirsi».