È stato lasciato per ore alla deriva, ore in cui almeno 15 minori (il più piccolo un bimbo di 9 mesi) sono rimasti a rischio ipotermia e una donna incinta ha dovuto lottare contro dolori e paura di non farcela. Solo questa mattina la nave Cigala Fulgosi della Marina Militare italiana, viste le condizioni meteo in peggioramento, è intervenuta in soccorso del barcone in avaria al largo della Libia. Alarm Phone, il servizio telefonico al quale si rivolgono le imbarcazioni che hanno problemi nel mar Mediterraneo, ha confermato di aver ricevuto una telefonata dai migranti a bordo del gommone ieri (mercoledì 29 maggio): «Alle 23:47 le persone a bordo ci hanno detto che un lato del gommone si è sgonfiato e sta entrando acqua. Non hanno più carburante e sono alla deriva. Dicono che non sopravviveranno la notte se lasciati a mare. Hanno riferito del decesso della bimba di 5 anni (non ci sono conferme ufficiali, ndr) e di aver visto sopra di loro un velivolo e poco distante una nave. Alle 00:13 siamo riusciti a parlare di nuovo con le persone a bordo. Temono che i bambini muoiano di ipotermia. Ci sono 15 bambini, il più piccolo di 9 mesi. Hanno spostato i bambini nel lato dove c’è meno acqua. Una delle 20 donne è incinta e sta male. Non lasciateli morire».
06.37h: Le persone a bordo ci hanno contattati di nuovo. Vedono un elicottero volare intorno a loro ma non vedono alcuna imbarcazione. Ci chiedono se siamo a conoscenza di una possibile operazione di soccorso in arrivo, ma anche noi non sappiamo nulla. #safepassage
— Alarm Phone (@alarm_phone) May 30, 2019
E dopo una nottata di paura e panico, questa mattina la Ong ha accusato la Marina Militare di essere intervenuta 24 ore dopo aver ricevuto l’allarme: «Le autorità sono state informate della barca in difficoltà mercoledì mattina» sostiene Alarm Phone «e un’imbarcazione della marina italiana ha monitorato la situazione da vicino ma non ha offerto assistenza. Condanniamo questi continui atti di mancata assistenza e richiediamo adeguato soccorso immediatamente».
Insomma la solita, brutta, tragica, storia.
All’appello di Alarm Phone si unisce quello di un’altra ong, Mediterranea Saving Human e a parlare è Luca Casarini: «Il barcone si trova nell’area a cavallo tra le zone Sar libica, maltese e tunisina. La situazione è conosciuta alle autorità italiane – ha detto – e il problema è il solito rimpallo con i libici che si traduce in una violazione dei diritti umani e della Convenzione dei Ginevra. La Libia è un Paese in guerra e non si può chiedere a un paese in guerra di intervenire né affidare queste persone a coloro da cui fuggono. Non si capisce perché la nave italiana che ha mandato un elicottero a sorvolare il barcone non sia intervenuta. La situazione è agghiacciante e il risultato è che le persone muoiono nel Mediterraneo».
Migranti 2019: i numeri in Italia
Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 30 aprile 2019 sono sbarcate in Italia 779 persone. Nei primi quattro mesi del 2018 arrivarono novemila migranti, addirittura 37 mila nel 2017. Prendendo in esame gli ultimi 12 mesi, un calo dell’83%. Tra i paesi di provenienza, sono arrivate soprattutto persone da Tunisia (4,2 mila persone, 23% del totale) seguite da Eritrea (1,8 mila persone, 10%), Iraq (9%), Sudan (8%) e Pakistan (7%). Seguono Algeria, Guinea e Senegal. Quanto a genere ed età delle persone sbarcate, il 72% delle persone arrivate sulle coste italiane negli ultimi 12 mesi è di sesso maschile, le donne sono il 10%, i minori il 18%, in buona parte minori non accompagnati. Queste percentuali sono sostanzialmente invariate nel corso del tempo.
Per quanto riguarda le strategie, a livello europeo, anche per il 2019, l’unica linea comune continua a essere quella di cercare di bloccare gli sbarchi. In Italia, invece, con il ministro dell’interno Salvini, l’attenzione è concentrata sull’introduzione della riforma del sistema di accoglienza, che semplificando, si potrebbe descrivere così: bloccare, a tutti i costi, i migranti in Libia, Tunisia, Marocco. Questo tipo di strategia è cominciata a partire dal 2017 con il governo Gentiloni, in particolare con l’impegno dell’ex ministro dell’interno Minniti, che aveva di fatto stretto accordi con milizie libiche che gestiscono il traffico dei migranti pur di impedire le partenze dalle coste libiche.
Accordi che sono stati poi confermati dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. E rafforzati con il Decreto sicurezza e immigrazione, detto anche Decreto Salvini, attraverso cui è stato abolito l’istituto della protezione umanitaria, la forma di protezione più utilizzata per i richiedenti asilo che fanno domanda in Italia. Il decreto ha inoltre abbassato la quota giornaliera riconosciuta agli enti gestori dei progetti di accoglienza, da 35 a 21 euro circa, retta con cui non è più possibile garantire servizi fondamentali per la promozione dell’integrazione.
Si può dire che l’Italia, con l’appoggio dell’Europa, ha quindi deliberatamente scelto, per due governi di fila, di sacrificare vite umane sull’altare della presunta urgenza politica di fermare gli sbarchi, nonostante un rapporto dell’ONU pubblicato a fine 2018, abbia confermato come in Libia i migranti sono sistematicamente privati della libertà, torturati, stuprati, rapiti per ottenere riscatti, costretti ai lavori forzati, uccisi.
Nel Mediterraneo si muore di più
Rispetto agli anni precedenti vengono salvati molti meno migranti, vengono respinti molti più migranti e soprattutto, in percentuale, muoiono molti più migranti. Effetto della delega delle azioni di “salvataggio” alla guardia costiera libica, molto meno attrezzata di quella italiana ed effetto della quasi totale assenza di navi umanitarie nel Mediterraneo. Le uniche due che restano operative, quando non sottoposte a fermi e controlli, le navi delle Ong Sea Watch e Sea Eye e la nave di Mediterranea Saving Humans.