Gli errori sono tappe obbligate della crescita di un bambino. Molte mamme e molti papà però assumono facilmente un atteggiamento perfezionista nei confronti dei loro figli. Sono molto esigenti e li vorrebbero “perfetti” in ogni ambito. «Viviamo in una società in cui la competizione è considerata spesso un valore irrinunciabile. Scivolare nel perfezionismo ed esigere dai figli la perfezione può essere molto frequente» avverte il dottor Ulisse Mariani, psicologo e psicoterapeuta, ideatore insieme alla collega Rosanna Schiralli della prima scuola online rivolta ai genitori per apprendere il metodo dell’intelligenza emotiva. «Sembra quasi che vi sia una corsa sfrenata ad esigere anche dai più piccoli di essere i primi senza valide ragioni, se non quelle di fare apparire il proprio figlio come il migliore, unico e speciale. È normale che i genitori ambiscano al meglio per i propri figli, ma quando questo desiderio si trasforma in un’ossessione e in condotte controllanti, e talvolta oppressive, diventa una vera e propria disfunzione familiare oltre che educativa» spiega l’esperto.
COSA SI NASCONDE DIETRO AL PERFEZIONISMO
«Dietro il perfezionismo di molti genitori si nasconde spesso la volontà di riscatto sociale e professionale. Spesso però si cela anche un’intrinseca volontà di realizzarsi attraverso il figlio, per raggiungere sogni e desideri propri, che magari sono stati infranti. Il perfezionismo può essere inoltre un modo per controllare le pulsioni del bambino e la paura che il figlio possa crescere e diventare autonomo. A volte può anche nascondere una profonda crisi di coppia: condividere ossessivamente con il figlio attività o studio rimanda l’affrontare i conflitti con il proprio partner» spiega lo psicologo Ulisse Mariani.
QUANDO DIVENTA UN PROBLEMA
«Essere dei genitori perfezionisti implica costantemente il porre l’accento sui lati negativi del comportamento o delle condotte del bambino. Sentirsi sempre dire “puoi fare meglio”, “non è andata poi così bene, devi impegnarti di più” e altre frasi simili crea inevitabilmente problemi» spiega lo psicologo Ulisse Mariani. «Il rischio è di diventare loro stessi in prima persona i più rigorosi censori della propria vita. La conseguenza è di inciampare ad ogni passo a causa di un continuo mettere sotto la lente di ingrandimento quanto vanno facendo o dicendo, con un dispendio di energie enorme che dovrebbero invece essere canalizzate e sfruttate per una crescita sana e serena» spiega l’esperto.
QUALI SONO I RISCHI
«Le conseguenze per la crescita e lo sviluppo sono visibili e possono essere anche rilevanti. In un clima di costante pressione e di sensazione di essere sbagliati e di non arrivare mai a soddisfare le aspettative del genitore, i figli possono prendere due strade. Possono avere poca autostima, sentirsi sempre sbagliati e in colpa, mai contenti di sé e tendere per questi motivi verso la chiusura e l’evitamento, non riuscendo mai a capire cosa devono fare per soddisfare la “bulimia” perfezionistica del genitore oppure possono intraprendere la strada della ribellione e dell’aggressività, quasi a cercare disperatamente un ruolo assertivo e visibile a tutti. Talvolta questa ribellione si esplica prevalentemente in ambito intrafamiliare, creando a cascata una serie di disfunzioni e livelli di disadattamento sempre più ampi. Da adulti queste due strade possono poi portare da una parte alla strutturazione di una personalità infelice (inibizione, scontentezza, senso di colpa, incapacità di esplorare, bassa stima di sé, tendenza alla somatizzazione, ossessività, ansia e depressione per non riuscire mai ad arrivare); dall’altra alla formazione di una personalità oppositiva, ma anche dipendente e comunque disadattata» spiega l’esperto.
COSA FARE
«Occorre rimodulare le proprie aspettative e il proprio stile educativo. Si tratta infatti di distinguere quanto appartiene a se stessi in termini di desideri, bisogni e aspettative da quanto invece appartiene realmente al figlio che, pur assomigliandoci, è una persona altra da noi, con desideri sogni, bisogni, capacità e attitudini specifici. È necessario a questo scopo distinguere e riconoscere il bambino dentro di noi (con tutte le rabbie per i sogni irrealizzati) dal nostro figlio reale che aspetta di essere aiutato a crescere nel rispetto della sua unicità. Occorre perciò stare attenti alle traiettorie che i figli indicano sempre, ai talenti così pure come ai limiti e soprattutto a distinguere i propri desideri dai loro» suggerisce lo psicologo Ulisse Mariani.
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