«È tutta una carnevalata». Mauro Bonato ci accompagna per le viuzze tra l’Arena, le tette di Giulietta accarezzate dai turisti di mezzo mondo e il Palazzo della Gran Guardia dove si tiene il Congresso Mondiale delle Famiglie. Per lui, leghista dal 1990, parlamentare per due legislature e fino a qualche giorno fa capogruppo del partito nel consiglio comunale di Verona, è troppo: «Ho chiesto al sindaco di togliere il patrocinio. Mi hanno prima ignorato, poi diffamato». Si è dimesso da capogruppo. E protesterà assieme alle associazioni (anche cattoliche), «per umanizzare i trogloditi» del suo stesso partito. «Perché questa storia non ci appartiene» (il video in alto).
La «storia» della prima giornata si chiude con un leghista veronese che si vergogna di essere un leghista veronese, un aborto equiparato all’omicidio e un feto di plastica. Poco a che vedere con «l’amore, la famiglia e la bellezza del matrimonio», trinità positiva diffusa dall’organizzazione.
A dare la carica alle associazioni conservatrici venute da tutto il mondo è subito Massimo Gandolfini, organizzatore del Family Day: «L’aborto è l’omicidio di un bambino in utero», dice dal palco. Sipario. Che stavolta, anziché chiudersi, si apre.
Nella sala delle conferenze vietata ai giornalisti (scortati persino per andare in bagno), viene distribuito un feto di plastica, di 10 settimane o meno, prodotto chissà dove, chiuso in una busta di plastica assieme a un biglietto: «L’aborto ferma un cuore che batte». Firmato, Notizie Pro Vita, uno degli sponsor del Congresso. «Gli abbiamo dato un nome, Michele», si legge nel biglietto. «Aiutaci a salvarlo».
Troviamo il gadget e lo mostriamo a Simone Pillon, titolare dell’omonimo Ddl: «È meraviglioso», assicura il senatore della Lega. Non lo trova di cattivo gusto? «No, anche lei è stato come questo feto. È un bellissimo bambino di 3 o 4 settimane, mi piacerebbe farlo vedere a tutti».
Gli stand sono ben accessoriati: hanno portachiavi azzurri con la forma dei piedini dei feti (e la scritta «10 settimane» dal concepimento); spillette con i piedini dorati («12 settimane»); e magliette con scritte varie.
Fuori dal Congresso, Alessandra ne indossa una rosa, con la scritta «Eluana voleva vivere» e la foto della Englaro. Come molti, qui, dice di «non essere contro niente, solo a favore»: considera l’omosessualità un peccato, il divorzio un abominio e l’aborto un omicidio. Questione di semantica.
La sua amica Gabriella regge la Madonna regina dell’amore. Perché siete qui? «Perché abbiamo la stessa opinione di Gesù». Perché «Bergoglio non è il nostro Papa» e sta crollando tutto. Si avvicina Maria Carla, che ha scritto e stampato da sola il libro che tiene in mano: «Il segreto della felicità. La prima favola no gender». Gli chiediamo di cosa parli: «È la bambina Carla che arriva in un asilo in cui i bambini sono tutti tristi. Sono nati da famiglie con genitori dello stesso sesso. Carla invece custodisce un segreto. È nata da una mamma e un papà. E il segreto della felicità è quello: nascere da una mamma e un papà».
Victor, parlamentare dalla Russia, sintetizza tutto: «Amore è uomo-donna o donna-uomo, e avere due bambini». Alla fine della giornata il più moderato pare il Cardinale: «Non serve un congresso di crociati. Il pericolo è di diventare talebani».