Rafael Nadal, dobbiamo accettarlo, fa ormai parte del passato. Ritiratosi dal tennis a seguito della sfida di Coppa Davis contro l’Olanda, il giocatore maiorchino ha ora in mente il futuro. Ci aveva provato a stuzzicarlo suo padre Sebastian qualche anno fa, chiedendogli se si sarebbe goduto la vita o avrebbe continuato a lavorare una volta appesa la racchetta al chiodo. Rafa rispose così: “Non immagino la mia vita senza obiettivi”.
“Certo che voglio godermi la famiglia e gli amici” – ha spiegato recentemente Rafa a The National. “Ho lavorato molto sin da quando ero piccolo, quindi vorrei un po’ di tempo per godermi la vita. Allo stesso tempo, ho capito l’importanza di avere motivazioni, obiettivi ed è per questo che ho già progettato il mio futuro. Sono molto emozionato per questo nuovo capitolo. È molto presto però per parlarne, perché ho smesso di giocare a tennis solamente un mese fa”.
Un futuro, quello dello spagnolo, in cui figurano progetti con la sua fondazione, con la sua accademia e pure in qualità di ambasciatore del tennis in Arabia Saudita dove, dal 20 a 22 dicembre, si è recato in occasione delle Next Gen ATP Finals. “Innanzitutto, per me è un’opportunità per conoscere una cultura diversa. Successivamente, in questo modo si può promuovere il tennis in una regione che sta davvero crescendo in tal senso. In qualità di ambasciatori, si deve pubblicizzare questo sport in tutto il mondo e questo paese si sta aprendo in questa direzione. Così facendo, punto a far conoscere il tennis alle nuove generazioni. Il messaggio è che, se fai parte del mondo dello sport, crescerai con valori positivi. Lo sport è uno strumento di apprendimento molto importante”.
Nadal non è certamente nuovo da quelle parti. Innumerevoli sono le sue presenze nei tornei arabi negli anni passati. Per non parlare della filiale della sua accademia aperta in Kuwait nel 2020. Un vero e proprio entusiasmo, quindi, quello di Rafa nei confronti di questi luoghi e delle persone che ci vivono. Ma non tutti hanno preso bene questa sua apertura verso il mondo arabo. “Siamo in un mondo libero e le persone possono parlare di qualsiasi cosa. Allo stesso tempo, è importante che la gente, prima di dare una valutazione, abbia l’opportunità di visitare quei posti e conoscere le varie realtà che si vivono”.
“Io sono fortunato di poter dire di aver visto con i miei occhi queste realtà. E proprio per questo motivo, credo di osservare i vari aspetti con una prospettiva diversa. Accetto le critiche, specialmente quelle mosse con rispetto. Alla fine, non è davvero imprescindibile che si raggiunga l’obiettivo prefissato, quanto più cercare di migliorare la vita e promuovere al meglio delle mie possibilità lo sport in questo paese. Se ci riuscirò bene, altrimenti dirò a chi mi critica che aveva ragione. Al momento, però, sono solo concentrato sul mio viaggio”.
Dove c’è un viaggio che si apre, però, ce n’è uno che si chiude. Quello di Rafa – che verrà raccontato prossimamente in un documentario dedicato su Netflix – è uno di quelli colmi di emozioni, successi, cadute, ma soprattutto abnegazione verso la sua più grande passione, il tennis. “L’ultimo anno e mezzo è stato molto duro in termini di non essere in grado di allenarmi, competere regolarmente e allo standard a cui sono abituato. Ho fatto del mio meglio fino all’ultimo giorno. Ho appena subito l’operazione all’anca per cercare di andare avanti, ma semplicemente non ha funzionato bene come mi sarebbe servito per andare avanti. Quindi, sono al 100 percento in pace con me stesso”.
Durante una chiacchierata con i protagonisti delle Next Gen ATP Finals, il 22 volte campione Slam si è soffermato sulle prestazioni e nello specifico sul fatto di dare sempre il massimo, nonostante tutto. “Alla fine della giornata, le cose che non puoi controllare non puoi proprio controllarle. Puoi essere triste, puoi essere arrabbiato, ma alla fine la vita continua e si tratta di cercare sempre di essere felici, accettando ciò che hai in ogni singolo momento. Onestamente, ho davvero accettato tutte le sfide della mia carriera tennistica, in termini di infortuni e di brutti momenti, accettando di tornare sempre con motivazione e con passione. Accetta come sei oggi e lavora semplicemente su come sarai domani”.
Ostacoli, consapevolezza, grinta e passione, per una carriera straordinaria a cui è forse mancato un solo punto esclamativo. “Mi sarebbe piaciuto vincere le ATP Finals una volta (11 partecipazioni, 2 finali perse: nel 2010 contro Federer, nel 2013 contro Djokovic). Probabilmente è l’unico evento importante che non ho mai vinto. Ma questo è tutto. Sono stato un po’ sfortunato, perché alla fine della stagione non ero al meglio della forma fisica. Un sacco di tempo con infortuni. Poi ho avuto avversari molto difficili davanti e ho giocato tutte le finali ATP della mia carriera su campi veloci indoor, su cemento indoor e all’inizio su moquette indoor. Ma niente di cui lamentarsi. Ho avuto le mie possibilità, ma non sono riuscito a convertirle. Va bene così”.