Da tempo si parla di lotte interne alla Sigi, di divisioni con una parte dei 24 soci che evidentemente non è più disposta a dare seguito a quell’atto d’amore di cui tanto spesso si parla da un anno a questa parte. Un amore misto ad eroismo secondo quanto evidenziato da più parti. Fino ad arrivare all’amara realtà. Oggi il Catania rischia di sparire dai professionisti e di essere costretto ad un anno senza calcio. Qualcosa di drammaticamente possibile se la Sigi non metterà mano al portafoglio e non entreranno in società nuove figure imprenditoriali capaci di reggere il peso economico-finanziario.
Non può bastare il solito contributo offerto dall’azionista di maggioranza Gaetano Nicolosi. E’ bene che tutti, ma proprio tutti, facciano la loro parte all’interno della proprietà del club etneo. Perchè si è perfettamente consapevoli delle difficoltà generate dalla pandemia con introiti pari a zero, ma la stessa SpA che ha sempre detto di basare il proprio interesse a rilevare la società dell’Elefante rispettando il concetto di passione per i colori rossazzurri, oggi non può mostrarsi così divisa e frammentata.
Altro che unità e rilancio, parole pronunciate nell’ultima conferenza stampa dell’avvocato Giovanni Ferraù, a cui va riconosciuto il merito di averci sempre messo la faccia ma senza mai fornire risposte convincenti su come portare avanti la baracca. Duole dirlo, purtroppo però forse qualcuno dimentica il bene più prezioso: il Calcio Catania, la difesa di 75 anni di storia in rappresentanza della decima città d’Italia per numero di abitanti. No, non si può disperdere un patrimonio così importante. Catania non merita tutto questo, non è possibile mortificare in questo modo i sogni di una grande tifoseria. Si faccia qualcosa per evitare uno scenario devastante.
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