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Breve profilo di un grande campione: Mark Evgenovič Tajmanov

Mark Tajmanov è noto a tutti gli appassionati come uno dei più forti maestri sovietici del dopoguerra, nonchè importante teorico e studioso della difesa siciliana. Una nota variante porta il suo nome, grazie al contributo che il grande Mark ha fornito nel corso degli anni al miglioramento di questa difesa contro l’apertura del pedone di re.
Tajmanov è noto, altresì, per essere stato un eccellente pianista: non soltanto un appassionato che ogni tanto si esibiva in pubblico, ma un concertista di prim’ordine, considerato tra i migliori pianisti russi del tempo e che riscosse anche all’estero una certa notorietà. Ricordiamo che, assieme alla prima moglie, Lyubov Bruck, incise alcuni dischi per la collana “I migliori pianisti del XX secolo” e, nel corso della sua lunga vita, ha conosciuto celebri musicisti del calibro di Šostakovič, Rostropovič nonché il famoso pianista Svjatoslav Teofilovič Richter.
Mark Evgenievich Taimanov nacque il 7 febbraio 1926 nella città di Kharkov in Ucraina e si è spento all’età di 90 anni a San Pietroburgo il 28 novembre 2016.
Egli ha coltivato le sue 2 grandi passioni della vita, gli scacchi e la musica, alternando periodi in cui si dedicava prevalentemente all’attività concertistica ad altri in cui si dedicava anima e corpo alle 64 caselle.
Divenuto grande maestro all’età di 26 anni, nel corso della sua lunga carriera ha collezionato innumerevoli successi, tra i quali il prestigioso campionato dell’URSS nel 1953 e nel 1956.
In quegli anni, con la squadra sovietica, primeggiò alle Olimpiadi di Mosca che si svolsero nel 1956. Egli considerava questo il periodo d’oro della sua carriera scacchistica.
A lungo fu considerato tra i migliori 10 giocatori al mondo, basti pensare che nel famoso torneo dei candidati, svoltosi tra Zurigo e Neuhausen nel 1953 (descritto nel magnifico libro di David Bronstein, ancora oggi un classico della letteratura scacchistica) egli giunse ottavo, preceduto soltanto dai più forti grandi maestri dell’epoca.
Nella sua celebre opera, “Come vincere con la siciliana”, egli ripercorre il suo approccio teorico e pratico con questa formidabile difesa. Si comincia dagli incerti inizi, con gli incontri con i forti maestri Suetin, Tolush, Keres, Geller, Tukmakov, giocati con alterna fortuna.
Inizialmente, egli giocava la variante classica (quella dei 2 cavalli sviluppati nelle prime mosse in c6 ed f6) che poteva dare luogo al temibile attacco Rauser, alla variante Sozin con Ac4 ovvero al cosiddetto sistema Boleslavsky con …e5 in risposta ad Ae2).
Negli stessi anni egli sperimentò con alterne fortune anche il sistema Paulsen, ma, non contento dei risultati, decise di esplorare strade nuove.
Con lo sviluppo del cavallo da g8 in e7 detta vita ad un sistema a sé stante della difesa siciliana, la cosiddetta “variante Tajmanov”, ancora oggi un’arma molto efficace per contrastare l’apertura di re.
Tajmanov, in questo famoso libro, ci conduce per mano, senza sovraccaricare il lettore con una miriade di varianti, ma illustrando gli schemi teorici attraverso brillanti partite e lasciando spazio ai concetti essenziali di questa apprezzata difesa, caratterizzata dal forte controgioco del Nero al centro e sull’ala di donna.
Lo stile di gioco di Mark Tajmanov, solido e strategicamente impeccabile, ma anche dinamico e costantemente alla ricerca dell’iniziativa, seguiva i dettami del suo maestro, il mitico ex campione del mondo Michail Botvinnik. La variante da lui elaborata della difesa siciliana si addiceva perfettamente al suo stile lineare, mai tatticamente esasperato.
Tajmanov, oltre a scrivere pregevoli opere sulla difesa siciliana, ha contribuito ad elaborare e studiare altri importanti sistemi, come la difesa nimzoindiana, la difesa olandese, la partita inglese e altre famose aperture.
Tajmanov non è mai stato considerato un “leone” della scacchiera come Victor Korknoi o come il suo maestro Michail Botvinnik e il suo punto debole fu soprattutto caratteriale. Si notava in lui una certa mancanza di determinazione nei momenti chiave della partita e la tendenza a perdere fiducia in se stesso quando occorreva invece lottare con ogni mezzo per evitare la sconfitta.
I suoi colleghi grandi maestri dell’epoca sovietica, pur non disconoscendo il suo talento, ben conoscevano tali limiti e così, quando la sorte assegnò proprio a lui, nel 1971, il compito di ostacolare per primo il cammino di Bobby Fischer verso il titolo mondiale, si mobilitarono tutti (sotto l’egida della federazione sovietica e dell’onnipresente KGB) per contribuire alla preparazione del loro connazionale in vista del match di Vancouver contro il temutissimo scacchista americano.

Tajmanov giunse a quell’appuntamento cruciale non più (scacchisticamente) giovanissimo e non all’apice della sua carriera, mentre il giovane statunitense, da ex bambino prodigio, era ormai diventato un maturo e completo campione, da qualche anno in costante inarrestabile ascesa.
Basti pensare che, nel corso dell’interzonale di Palma di Maiorca (da Fischer stravinto con un distacco di 3 punti e ½ sul secondo, Evfim Geller) lo statunitense aveva letteralmente “stritolato” con un eloquente 3½ a ½ tutti gli avversari sovietici (tra i quali, oltre lo stesso Tajmanov figuravano anche Smislov, Geller e Polugajewsky) dimostrando al mondo intero di non avere in quel momento rivali in grado di fermarlo.
Tajmanov, prima del fatidico incontro, affermò di essere consapevole della forza del suo avversario, ma di ritenersi in grado di sconfiggerlo, avendo individuato il lato debole dell’americano: la sua insicurezza nelle posizioni che egli definì “oscure”, ovvero al di fuori degli schemi di gioco da lui più conosciuti.
Botvinnik, prima del match, preparò per lui un apposito studio sullo stile di gioco di Bobby Fischer fornendogli anche numerosi consigli pratici. Tuttavia, Tajmanov non seguì affatto il più importante suggerimento del “patriarca”, quello cioè contenere Fischer inaridendo il gioco pur di non concedere allo straripante avversario occasioni per manifestare la sua grande abilità di calcolo e la sua forza nelle posizioni dinamiche in cui aveva l’iniziativa.

Certo, non era facile contenere l’americano adottando una sorta di “catenaccio” calcistico, ma va detto che, al di là degli schemi di gioco, il durissimo scontro che si svolse a Vancouver evidenziò principalmente la fragilità caratteriale di Mark Tajmanov, la quale si manifestò in tutta la sua drammaticità non appena le cose cominciarono a mettersi male per lui.
La prima partita del match fu giocata magnificamente da entrambi i contendenti e per lunghi tratti Tajmanov fu davvero all’altezza del suo sfidante. Alla fine Fischer vinse dopo una strenua battaglia.
La seconda partita fu la chiave di volta del match; essa si svolse in due tempi in quanto dopo la sospensione del gioco, la stessa fu ripresa il giorno successivo, all’esito della 3ª drammatica partita, di cui parleremo tra breve.
I fattori psicologici in queste prime 3 sfide furono determinanti ed il crollo nervoso di Tajmanov (sovraccaricato di gravose responsabilità anche nei confronti del suo Paese) segnò l’esito del match.
Ecco il momento cruciale della seconda partita. Seguiamo l’analisi di Kasparov (tratta da “I miei grandi predecessori”) avvalendoci anche di Stockfish, uno dei motori più forti ed evoluti del nostro tempo.

Clamoroso, è ciò che avvenne anche nella 3ª partita del match tra Fischer e Tajmanov.


Un errore clamoroso, ma di peggio avvenne con la tremenda svista nel finale della 5ª partita. Lo stesso Fischer (solitamente meno incline al fair play in queste situazioni) fu indotto a scusarsi prima di giocare la mossa che puniva l’incredibile errore dell’avversario (egli disse: “I’m Sorry” e poi eseguì la mossa che costrinse l’avversario all’immediato abbandono).

L’americano aveva perfettamente compreso lo stato d’animo del suo rivale, ma lo giudicava in ogni caso degno di stima e di rispetto. E ciò non è poco, se consideriamo l’avversione che il grande Bobby nutriva nei confronti dei giocatori e della federazione sovietica, accusata di compiere nei suoi confronti le peggiori nefandezze.

Un altro piccolo ma significativo episodio che illustra ancora meglio l’umana simpatia che Fischer a volte inaspettatamente dimostrava, lo raccontò anni dopo lo stesso Tajmanov e si riferisce alla vittoria dello statunitense contro il russo nel corso dell’interzonale di Palma di Maiorca, l’anno prima del match di Vancouver.
Ebbene, al termine della partita, Tajmanov racconta che Fischer, molto soddisfatto dell’esito della partita, desiderò rimanere in sala con lui per analizzarla (cosa insolita per lui) e, parlando in russo, gli confidò alcune valutazioni sui momenti cruciali di quella prima importante sfida.
Dopo i disastri delle prime 3 partite, il campione russo crollò del tutto sia fisicamente che psicologicamente; chiese più volte la sospensione dell’incontro per motivi di salute e, in pratica, nelle restanti 3 partite fu l’ombra di se stesso, cedendo di schianto senza più nemmeno combattere.
L’esito di quell’incontro ebbe conseguenze devastanti per Tajmanov: non solo egli dovette patire l’umiliazione di una sconfitta così schiacciante (6 a 0) da apparire inconcepibile, ma al ritorno in patria fu sottoposto ad un vero e proprio processo da parte della federazione sovietica che gli attribuì la colpa di non essersi preparato a dovere e di non essersi impegnato al massimo per resistere alla furia dell’americano.
Gli furono sottratte numerose onorificenze e, visto che alla dogana gli trovarono in borsa un libro di Aleksander Solženicyn, noto scrittore inviso al regime, gli fu a lungo proibito di recarsi all’estero per partecipare ai tornei.
Qualcuno poi, ironicamente, mise in giro la voce che anche Aleksander Isaevič Solženicyn si era trovato nei guai perché nel corso di una perquisizione era stato trovato in possesso del libro sulla Nimzoindiana scritto da Mark Tajmanov!
Per fortuna di Tajmanov, di lì a poco anche Bent Larsen subì la medesima incredibile batosta. Infatti, anche il campione danese finì col perdere 6 a 0 al termine di un match che per lunghi tratti apparve una copia del precedente.
Eppure, Bent Larsen era considerato, all’epoca della sfida con Fischer, un possibile serio candidato al titolo mondiale, un campione dalla forza pari o di poco inferiore a quella del grande Bobby.
Soltanto l’ex campione del mondo, Tigran Petrosian, riuscì a fare meglio dei precedenti sfidanti perdendo per 6 a 2 dopo un incontro durante il quale il sovietico fu in grado di resistere soltanto nelle prime partite, per poi crollare sotto i colpi dello statunitense.
Petrosjan raccontò successivamente di aver subito una tremenda pressione psicologica, nonostante fosse riuscito, almeno nella fase iniziale, a conquistare una vittoria sullo scatenato avversario. Egli raccontò di aver man mano inspiegabilmente perso la fiducia in se stesso fino al punto di muoversi a volte come un automa, dimenticando varianti accuratamente studiate in fase di preparazione, mancando grandi opportunità e (orrore!) addirittura cadendo in una triplice ripetizione in posizione superiore.
Tajmanov superò con grande fatica quel tremendo smacco, ma pian piano si riprese. Fu uno scacchista molto longevo: dopo la bruciante eliminazione dal mondiale ad opera dello scatenato Bobby Fischer, partecipò negli anni successivi a numerosi tornei conquistando alcune vittorie, ma ormai la sua stella era da tempo in declino e anche gli anni si facevano sentire.
Tajmanov, nel periodo successivo, ha vinto due volte il campionato mondiale dei veterani, nel 1993 e nel 1994.

Naturalmente, non abbandonò la sua grande passione musicale esibendosi volentieri, anche in Italia, in varie manifestazioni pubbliche.
Chiunque ha conosciuto personalmente questo giocatore, lo ha descritto come un vero gentiluomo della scacchiera dal carattere disponibile, schietto, e bonario. Egli ha saputo risollevarsi e tornare a vincere dopo una tremenda sconfitta, segno di una tempra vigorosa, tipica di un uomo mai domo di fronte alle avversità della vita.

Ci sembra giusto riportare, al termine di questo breve ricordo del grande giocatore, una significativa partita che descrive il suo stile di gioco posizionale ma energico, da lui vinta contro l’allora campione del mondo in carica, Anatoly Karpov, nel corso dell’importante torneo di Leningrado. L’elegante combinazione finale, favorita da uno dei rari svarioni di Karpov quand’era campione del mondo, è tipica del suo stile.

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