“L’interesse di Musk per l’Italia conferma i nostri successi. Chi desidera investire è il benvenuto e deve farlo nel pieno rispetto delle nostre regole”: lo afferma in un’intervista a “La Stampa” il sottosegretario per la Trasformazione digitale, Alessio Butti. Secondo i programmi dello staff dell’azionista di Starlink per avere una nostra rete di satelliti dovremmo mettere in conto 10-15 anni di lavori e almeno 20 miliardi di investimenti: “Questa è la valutazione condivisa da tutti gli esperti del settore. Realizzare una rete nazionale di satelliti – spiega – richiederebbe risorse finanziarie enormi e moltissimi anni di lavoro. Bisogna ragionare in logica europea proseguendo i progetti in corso e collaborare nella dimensione euro-atlantica nel solco della partnership con gli Usa”.
“Stiamo valutando – prosegue Butti – l’uso di tecnologie satellitari per servire le aree più difficili da raggiungere con la fibra. Il governo le considera una soluzione complementare per superare il digital divide e garantire anche alle comunità più remote una connessione affidabile”.
“Voglio sottolineare – prosegue l’esponente di Fratelli d’Italia – che la fibra rimarrà la spina dorsale della nostra connettività. È possibile garantire la sicurezza nazionale anche appoggiandosi a un operatore straniero e privato. Non si tratta di una novità nel panorama italiano. Già oggi molti dei fornitori di servizi e infrastrutture critiche operano con capitali esteri, prevalentemente privati – conclude -. Anche attraverso l’utilizzo ponderato del golden power siamo in grado di ottenere le garanzie necessarie a salvaguardare gli interessi nazionali in settori strategici”.
L’impiego di Starlink in scenari diversi da quelli convenzionali è emerso durante il conflitto russo-ucraino. Il Governo di Kiev per far fronte a problemi di comunicazione ha infatti siglato un accordo con l’azienda inizialmente per servizi standard e poi in un secondo momento per attività militari. Nello specifico per le comunicazioni dei sistemi di artiglieria hanno iniziato a usare Starlink. In questo modo gli osservatori sul campo possono condividere dati velocemente alle stazioni di tiro più idonee, per altro senza rischiare l’abbagliamento da jammer radio. In questi mesi le connessioni Starlink sono state citate spesso nelle cronache dai teatri di guerra, come per esempio dal Sudan in piena guerra civile, dove vengono utilizzate da organizzazioni di soccorso e civili, ma anche dalle truppe in guerra, e quindi “spegnere” Starlink o distruggere le antenne diventa una tattica militare.
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