Esiste un’altra metà della verità sull’operazione Albania: ossia, il gioco “sporco” delle Ong per farlo saltare. E’ una storia che non riguarda le aule di tribunale e le sentenze smonta-decreti del governo sui Paesi sicuri. E’ una vicenda che si svolge in mare aperto, nel tratto di mare Mediterraneo tra Malta, Libia e Tunisia. Ce ne parla Fausto Carioti su Libero in un dettagliato articolo dal titolo: “Migranti “intercettati”: così gli attivisti delle ong boicottano il trasporto dei clandestini in Albania”.
E’ un storia di boicottaggi. Il filo del discorso parte da una domanda che probabilmente in moli si sono posti: perché i migranti presi a bordo dalla Libra sono così pochi? “Protagoniste sono cinque imbarcazioni. Una è la nave Libra della Marina Militare italiana: incaricata di portare i migranti provenienti dai Paesi ritenuti sicuri per il rispetto dei diritti umani (e non da altri, perché così prevede l’accordo tra Roma e Tirana) verso il porto albanese di Shengjin. Da qui, è previsto che gli sbarcati siano trasferiti nel centro di Gjader, dove – magistrati permettendo – dovrebbero essere trattenuti mentre le loro domande d’asilo sono esaminate con la «procedura accelerata di frontiera». Questa la successione delle operazioni. Poi cosa succede?
La procedura «accelerata» significa che la commissione territoriale ha sette giorni di tempo per valutare le domande d’asilo. In caso di rifiuto, il ricorso dell’interessato deve essere presentato entro quindici giorni. Coloro che non ottengono la protezione sono subito rimpatriati nel Paese d’origine. Funziona così: “Chi è sottoposto a questa procedura può essere trattenuto in Italia come in Albania; ma deve essere comunque cittadino di uno di quei diciannove Stati sicuri (tanti ne elenca il decreto legge varato dal governo il 23 ottobre)”.
Quindi entrano in gioco le altre quattro imbarcazioni che fanno capo ad altrettante ong: la Ocean Viking di Sos Meditérranée, organizzazione non governativa che ha la sede principale a Marsiglia. “È una nave con una portata certificata di 417 persone, che proprio ieri ha fatto sbarcare 185 migranti recuperati in quelle acque nel porto di Genova, indicato dalle autorità italiane e giudicato troppo lontano dai responsabili della ong: «Una misura crudele», si legge. Poi ci sono la Sea-Eye 5, che appartiene alla ong tedesca Sea-Eye, e la Trotamar III, con una portata di 42 persone, gestita da Compass Collective, altra ong tedesca. Infine c’è il veliero motorizzato Nadir, della ong Resqship, anch’essa tedesca. Tutte e 4 si muovono coordinandosi tra loro secondo uno schema di cui parla in un documento interno il Viminale.
L’obiettivo delle quattro imbarcazioni – si legge nel documento di cui ha preso visione il quotidiano diretto da Mario Sechi (alle quali potrebbero aggiungersene altre) è semplice: giocare d’anticipo sulla Libra. “Il loro modus operandi consiste nello spartirsi le aree Sar (Search and rescue) di responsabilità libica e maltese; interponendosi tra la nave della Marina Militare italiana e le coste africane: in modo da poter intercettare il maggior numero possibile di barconi e natanti (gran parte dei quali, se non tutti, chiaramente gestiti da trafficanti)”.
In particolare, nel documento ci si concentra sugli eventi i salvataggi operati il 5 e 6 novembre. La Ocean Viking si è spinta verso le coste africane; altre navi “hanno effettuato una navigazione “intermedia”, muovendosi attorno alla nave della Marina, e il Nadir ha navigato tra questa e Malta”. In questo modo si sono determinate sei operazioni di soccorso nelle acque Sar maltesi e libiche: tre la Ocean Viking, due la Sea Eye 5 e una la Trotamar III. Il Nadir, intanto, ha assistito un gommone in acque Sar italiane”.
Dopo il “gioco d’anticipo” sulla nave Libra inizia poi un’altra partita: la gestione dei migranti “sottratti” alla Libra. “La Sea-Eye 5, per motivi di sicurezza, ne ha dovuti trasbordare 31 su un’imbarcazione della Guardia Costiera: nessuno di loro ha la nazionalità «eleggibile» per il trasporto in Albania; nessuno, in altre parole, è cittadino di uno dei Paesi ritenuti «sicuri» dal governo”. E questo nonostante la Sea-Eye 5 ne aveva molti con queste caratteristiche: “almeno 25 tunisini, 15 dei quali adulti e dunque trasportabili in Albania. Ma ha scelto di tenerli a bordo e farli sbarcare a Pozzallo”. Questo vuole dire che la nave Ong ha agito di su iniziativa: ha effettuato la “scrematura” della nazionalità dei migranti; “non consegnando allo Stato italiano quelli che sarebbero stati portati in Albania e conducendoli essa stessa in Italia”.
Stesso “giochetto” ha fatto la Ocean Viking: “ha tenuto a bordo tutti i migranti che aveva caricato il 6 novembre. Tra costoro risultano esserci 58 bengalesi, 7 ghanesi, 6 gambiani e 3 marocchini: in tutto li ha fatti sbarcare domenica a Genova, assieme agli altri 111. Questo fa sì che molti migranti ce potrebbero benissimo essere mandati in Albania rimangono invece in Italia.
L'articolo Le Ong boicottano il Piano Albania: ecco come cinque navi giocano d’anticipo sulla Libra sembra essere il primo su Secolo d'Italia.