Un attacco di bassa lega, quello sferrato con apparente flemma che punta a mimetizzare un’invidia politica a malapena sopita, quello sferrato da Bersani alla Meloni: ospite della Gruber su La7, interpellato sulla Consulta, l’ex segretario Pd si lancia nell’insulto. Il linguaggio della premier carpito in chat dopo l’ottava fumata bianca nelle votazioni per la Consulta? «Coerente con quello dei rapinatori»…
Ora, con tutto il rispetto per un politico di lungo corso, stavolta l’ex segretario del Pd – che di fronde interne e defenestrazioni eccellenti se ne intende per vissuto personale e esperienza indiretta – nella sua disamina sulla fumata nera per l’elezione del giudice mancante della Consulta fa appello al corollario di recriminazioni e slogan d’antan che sventolano le opposizioni per coprire vergognose mosse ammantate di democrazia intesa a modo loro: a corrente alternata. Ossia, fare in modo che all’ottavo tentativo di voto mancassero i numeri e i presupposti per arrivare all’elezione, che richiede una maggioranza qualificata.
Come noto, di fronte a questo muro di gomma, la maggioranza ha deciso di votare scheda bianca: i bussolotti alla fine hanno restituito 323 schede senza indicazione, dieci nulle e nove voti dispersi. Con la segretaria Schlein in piena crisi afasica, o forse temporaneamente affetta da mutismo selettivo, che parla non sempre a chi di dovere e non risponde a chi da sinistra le lancia bordate e provocazioni, ma che ieri ha salutato quanto accaduto come un successo politico. Rivendicando finanche l’insostenibile: «La compattezza delle opposizioni» che a sua detta avrebbe «fermato la forzatura della maggioranza».
Ed è su questa scia che si inserisce a bomba Bersani ospite in collegamento da Piacenza con lo studio de La7 capitanato dall’irriducibile Lilly Gruber, e che nell’affrontare il tema di giornata approcciando con una terminologia non proprio terza e ed equidistante, lancia l’argomento sul tavolo mediatico e invita alla risposta a tono il suo ospite: «Spallata fallita per Giorgia Meloni», esordisce su La7, Lilli Gruber introducendo il tema politico del giorno: la fumata nera sul voto in Parlamento su Francesco Saverio Marini, il candidato del centrodestra per il ruolo di giudice mancante della Corte Costituzionale.
Che tradotto in lingua obiettiva si traduce: servivano i voti anche di parte dell’opposizione, ma Pd e Movimento 5 Stelle hanno scelto l’Aventino, astenendosi, e così è saltato tutto ancora una volta: l’ottava volta. Parte da qui, allora, la lettura a fibre demagogiche del buon Bersani, che commentando il fatto del giorno, afferma: «Una sconfitta seria, grave e finita anche nel ridicolo, francamente», è la sentenza apodittica più offensiva che analitica a tuttotondo di Pier Luigi Bersani in collegamento con la Gruber.
Poi non contento, calca la mano e incalza: «Hanno tentato di fare il sorpresone, di votarselo da soli raccattando qualche voto non so come nel campo dell’opposizione». Poi, non ancora paga, con apparente flemma ma evidentemente il magma che gli si agita dentro, l’ex segretario dem aggiunge anche: «Ricordo nel 2015, quando all’opposizione c’erano i 5 Stelle: volavano gli stracci ogni giorno, ma dopo una trentina di votazioni si arrivò a condividere una scelta, garanzia di tutti per autorevolezza e indipendenza. Abbandonare questo metodo sarebbe una ferita gravissima per la democrazia».
Potrebbe bastare, ma Gruber lascia la parola incondizionatamente a Bersani, che non a caso si allarga e sconfina a questo punto nell’insulto. E concentrandosi sulle parole della Meloni che strigliava i suoi chiosa offensivamente: «Finir vittima delle proprie macchinazioni non è piacevole. Certo quei termini colpiscono davvero: sono termini che hanno un riflesso antico. È un linguaggio che ha una sua coerenza perché è un linguaggio che si usa normalmente tra i rapinatori e qui stavano rapinando lo spirito costituzionale» (clicca qui per vedere il video dal sito de La7).
Intanto, quel posto in Consulta è vacante da 10 mesi, quando avrebbe dovuto essere riempito entro trenta giorni dal termine del mandato di Silvana Sciarra. Lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva sollecitato “con determinazione” una rapida elezione del nuovo giudice costituzionale. Era luglio. Siamo a ottobre e il giudice, dopo otto votazioni, ancora non c’è per il veto dell’opposizione. Un’opposizione che avanza la pretesa di decidere come se fosse maggioranza…
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