Paese che vai furbetto che trovi: dalla carica dei 900 migranti a Torino con assegno sociale (alcuni addirittura morti, con i parenti che incassavano) alla “ditta apri a chiudi” di Imola, avviata da un cittadino cinese. Con relativa frode da mezzo milione di euro
La prima frode arriva dal capoluogo piemontese. Percepivano senza averne diritto assegni sociali Inps, sei stranieri denunciati dai carabinieri del nucleo Ispettorato del Lavoro di Torino. Sono accusati di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Dovranno restituire oltre 220mila euro. L’inchiesta, coordinata dalla procura torinese, è partita nel marzo 2023 e sono state analizzate circa 900 posizioni di stranieri residenti nell’area metropolitana di Torino.
Dalle indagini è emerso che alcuni risultavano irreperibili in Italia, che non avevano eseguito controlli medici durante la pandemia e non si erano vaccinati. Alcuni non avevano neanche il medico di famiglia. Le ulteriori verifiche condotte dai carabinieri hanno portato a incrociare una serie di banche dati, verificando che alcuni continuavano a riscuotere indebitamente pur non vivendo più in Italia le somme di danaro erogate mensilmente dall’Inps.
Inoltre, da accertamenti svolti in collaborazione con ambasciate e consolati, è emerso che alcuni indebiti percettori dell’assegno sociale risultavano deceduti, ma le somme venivano prelevate dai parenti.
Altra truffa, altro giro a Imola. Con il cosiddetto schema ‘apri e chiudi’, un immigrato aveva avviato un’azienda tessile cessando poco tempo dopo l’attività, evadendo il fisco per oltre mezzo milione di euro. L’uomo, un imprenditore di origine cinese, è stato scoperto dalla Guardia di Finanza di Imola, nel Bolognese, che ha denunciato lui e la suocera, prestanome nella vicenda, per sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
Le stesse Fiamme Gialle hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo di beni per circa 315mila euro, oltre che una quarantina di macchinari per la cucitura degli abiti, un veicolo commerciale e tre conti correnti. L’imprenditore, secondo quanto ricostruito, per sottrarsi alle procedure della crisi d’impresa e dell’insolvenza della sua ditta di confezionamento abiti, avrebbe pagato fornitori e dipendenti, ma non il fisco, nei confronti del quale ha accumulato debiti per oltre 500mila euro.
Successivamente ha ‘svuotato’ l’azienda cedendo tutti i macchinari, di fatto solo sulla carta, a una società di nuova costituzione intestata alla suocera, ma restando l’amministratore di fatto e svolgendo l’attività all’interno dei medesimi locali, con gli stessi dipendenti e gli stessi clienti e fornitori. I finanzieri hanno scoperto la frode incrociando i dati di due imprese.
L'articolo Assegno sociale a 900 migranti a Torino: frode da 220mila euro. Cinese evade 500mila euro a Imola sembra essere il primo su Secolo d'Italia.