Pesante tegola per la procura di Milano e per due sue toghe di spicco. Il Tribunale di Brescia ha condannato i pubblici ministeri milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro a 8 mesi di carcere per il reato di ‘rifiuto di atti d’ufficio’ per non avere depositato elementi che potevano essere favorevoli agli imputati nel processo Eni-Nigeria concluso con l’assoluzione definitiva di tutti gli imputati.
I giudici hanno accolto la richiesta di condanna della Procura riconoscendo le attenuanti generiche e la sospensione della pena a entrambi. Il collegio, presieduto da Roberto Spanò, nel dichiarare i due pm responsabili di rifiuto d’atti d’ufficio, ha concesso le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena con la non menzione.
Inoltre li ha condannati al pagamento delle spese in solido con la presidenza del Consiglio da liquidare in separata sede alla parte civile Gianfranco Falcioni, l’ex vice console onorario per l’Italia in Nigeria e tra gli assolti del processo milanese. Il Tribunale ha accolto la richiesta della Procura di 8 mesi di reclusione rigettando invece la proposta di non concedere la sospensione della pena. Le motivazioni saranno pronte entro 45 giorni.
“È una sentenza giusta. I pm sono magistrati tanto quanto lo sono i giudici. Non possono e non devono nascondere le prove anche quando non sono favorevoli all’accusa”. Si è espresso così l’avvocato Pasquale Annicchiarico, che assiste assieme al collega Filippo Schiaffino, Gianfranco Falcioni, l’ex vice console onorario in Nigeria, parte civile nel processo in cui oggi sono stati condannati a Brescia a 8 mesi di reclusione i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro. Secondo l’ipotesi accusatoria hanno omesso di depositare atti favorevoli alle difese nel processo Eni/Shell-Nigeria che si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati. Annicchiarico ha affermato che la vicenda contestata “non dovrà ripetersi” aggiungendo che “bisogna avere fiducia nell’operato dei pubblici ministeri”.
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