Quello che sta succedendo nelle piazze italiane e nei corridoi della polizia olandese è il segnale di un’Europa disorientata. Sabato 5 ottobre, nel cuore di Roma, il teatro non era il Colosseo, ma le strade della Capitale, dove si è consumato uno spettacolo di violenza inaudita. Un corteo pro-Palestina, sfidando il divieto della Questura, ha deviato dalla protesta politica per trasformarsi in un attacco diretto alle forze dell’ordine. Bastoni, sassi, cartelli stradali usati come arieti. Oltre trenta gli agenti feriti e l’Urbe messa a ferro e a fuoco.
Nelle stesse ore in Olanda, patria del multiculturalismo perfetto, del dialogo e della tolleranza, davanti al crescente pericolo antisemita, si assiste a una sistematica e programmata assenza di sicurezza. Secondo quanto riportato dal Telegraaf, un numero crescente di poliziotti, soprattutto quelli di origine migrante, si rifiuta di sorvegliare eventi legati alla comunità ebraica. Motivo? “Dilemmi morali”, dicono loro. Già, come se la protezione dei cittadini potesse essere messa in discussione. Invece di ricevere una risposta ferma, questi agenti vengono riassegnati ad altri incarichi, accontentati dai loro superiori. Così, mentre in Italia gli agenti rischiano tutto per adempiere ai propri doveri, ad Amsterdam c’è chi il dovere lo tradisce per il proprio credo.
Il multiculturalismo, così come lo abbiamo concepito in Europa, sta mostrando i suoi limiti. Se a Roma la violenza esplode in piazza, in Olanda è più subdola ma altrettanto grave. Quando un poliziotto si rifiuta di proteggere un museo dell’Olocausto sta minando il principio stesso di neutralità su cui si fonda ogni istituzione statale. E se i garanti dell’ordine pubblico iniziano a scegliere chi merita protezione e chi no, allora l’intera struttura comincia a cedere. «Questo è l’inizio della fine», ha detto senza mezzi termini Marcel de Weerd, uno dei leader della rete di polizia ebraica, in un’intervista a Nieuw Israëlietisch Weekblad. Se la polizia non riesce a essere neutrale, se la protezione di una comunità dipende dalle convinzioni personali dei singoli agenti, allora abbiamo perso il senso dello Stato.
Il problema, però, è più profondo. Non è solo una questione di poliziotti che si rifiutano di fare il proprio lavoro. È il segno di un cedimento più vasto, di una società che non sa più cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Se a Roma la polizia è costretta a fronteggiare una violenza fisica, ad Amsterdam è vittima di una violenza morale. La neutralità è stata sacrificata sull’altare del multiculturalismo.
Roma e Amsterdam sono due esempi di come l’Europa stia vacillando di fronte alle sue stesse contraddizioni. Se da una parte i manifestanti attaccano apertamente l’autorità, dall’altra gli stessi uomini dell’autorità decidono di non difendere chi ne ha più bisogno. E chi paga il prezzo di tutto questo? La comunità ebraica, che già vive sotto la minaccia di un antisemitismo crescente. Ma anche la società civile, che non si sente più sicura nelle proprie città. È una crisi che tocca l’intera Europa non i singoli Stati. Il multiculturalismo, nato con l’idea di unire, sta invece dividendo sempre più una società che non sa più chi proteggere, come proteggere e perché proteggere.
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