Alle 6.29, ora dell’inizio dell’attacco di Hamas, Israele ha dato il via alle commemorazioni del 7 ottobre di un anno fa, con un minuto di silenzio osservato in tutto il Paese, a partire dalla folla che si è radunata a Reim, luogo del massacro al Festival musicale Nova. A quell’ora suonarono anche le sirene anti-aeree a Gerusalemme, con cui i cittadini furono avvisati dell’attacco in corso, ”il peggior massacro dall’Olocausto”. Commemorazioni si svolgeranno un po’ ovunque nel mondo, e a Roma si terrà una cerimonia alle 11 alla Sinagoga, alla quale prenderà parte anche il presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ieri un messaggio di vicinanza al popolo israeliano è stato inviato anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Alla stessa ora in cui sono iniziate le commemorazioni, però, in Israele è iniziata anche un’altra imponente operazione difensiva. Secondo riferito dall’Idf, anche Hamas era pronta a ricordare a modo suo il massacro: aveva pianificato di lanciare un’ampia raffica di razzi contro il Paese, proprio intorno alle 6.30. L’Idf, in un comunicato, ha reso noto di aver “sventato una minaccia immediata, dopo aver individuato i preparativi da parte dell’organizzazione terroristica Hamas di aprire il fuoco su Israele”. I caccia israeliani hanno colpito diversi lanciarazzi e tunnel in tutta Gaza. Il gruppo islamista è riuscito a lanciare solo quattro razzi nella zona di Sufa, tre dei quali sono stati intercettati mentre il quarto è caduto in una zona aperta. L’attacco è stato rivendicato dall’ala militare di Hamas, le Brigate Ezzedine Al-Qassam. Anche Hezbollah ha reso noto di aver compiuto un lancio di razzi stamattina alle 6.55 contro la città di Karmiel, nel nord di Israele, dopo la raffica lanciata ieri sera.
L’ora della commemorazione, però, è stata anche quella in cui centinaia di persone si sono radunate fuori dalla casa del premier Benyamin Netanyahu a Gerusalemme non solo per commemorare l’anniversario dell’attacco di Hamas, ma anche per chiedere un accordo per la liberazione degli ostaggi e per il cessate il fuoco. Secondo quanto riferito da Haaretz, la polizia ha impedito alla folla di avanzare lungo la strada.
L’inizio della giornata è stato funestato anche dalla notizia della morte di un soldato israeliano di 25 anni, rimasto ucciso nella notte durante un combattimento al confine con il Libano. Altri due soldati sono rimasti feriti e sono stati portati in ospedale. Dall’inizio della guerra, un anno fa, sono morti 728 uomini e donne in servizio, aggiunge l’esercito israeliano. E sempre stamattina presto il comune di Petah Tikva, nel centro di Israele, ha annunciato che Idan Shtivi, 28 anni, che si credeva fosse tenuto in ostaggio da Hamas, è stato assassinato il 7 ottobre al festival musicale Nova di Reim e il suo corpo è trattenuto a Gaza. Idan Shetewi lascia i genitori, Eli e Dalit, tre fratelli e il compagno, Stav.
Il 7 ottobre – raccontano i media israeliani – arrivò la mattina presto al festival Nova per documentare i suoi amici che si esibivano e conducevano workshop. Shtivi partì in macchina con due amici, Lior e Yulia, ma fu stato bloccato dai terroristi sulla strada che andava a nord. Girò quindi la macchina e iniziò a guidare verso sud, ma andò fuori strada. L’ultima volta che è stato visto è stato in quel luogo, e l’auto è stata ritrovata in seguito, piena di fori di proiettile e sangue. Sono stati trovati i corpi dei suoi amici, mentre Shtivi si era creduto fosse stato preso in ostaggio a Gaza. Si ritiene che 97 dei 251 ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre siano ancora a Gaza, compresi i corpi di almeno 33 persone la cui morte è stata confermata dalle Idf.
Quella mattina, secondo quanto ricostruito dall’Idf, Hamas lanciò circa 2.200 razzi verso il sud e il centro del Paese, tra cui Tel Aviv e Gerusalemme. Gli uomini armati del movimento, molti dei quali in motocicletta, presero d’assalto kibbutz, le comunità israeliane al confine e il rave party Nova che era stato organizzato del deserto del Negev. Più di mille palestinesi, di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi, realizzarono quello che l’Onu ha definito un ”attacco coordinato e complesso” costato la vita a 809 civili, almeno 280 donne e 40 bambini, secondo le Nazioni Unite, e 314 soldati. I feriti furono quasi 15mila.
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