Ne è passata acqua sotto tutti i ponti, da quando si discuteva nei congressi sul concetto, e sulla stessa parola di destra; e qualcuno, senza sbagliarsi, ricordava che destra e sinistra sono entrambe categorie giacobine, e che c’è una differenza nettissima tra una destra nazionalpopolare e una destra liberale… Ma mentre l’acqua, stando ad Eraclito, fa il suo lavoro di scorrere, la destra italiana, da piccolissima eroica fortezza assediata fino al 1993, è diventata oggi il partito di maggioranza relativa non solo su scala nazionale, ma, attenzione, all’interno di un centrodestra che, diciamolo pure e numeri alla mano, è un destracentro; con un’evidente concorrenza a destra a chi sia più destra; e se ne sta accorgendo anche il centro, cercando di distinguersi. E non scordiamo che il destracentro italiano combatte una guerra tutto sommato facile contro un centrosinistra (esso, senza speranza di essere sinistracentro e campo largo e roba simile), il quale centrosinistra, se stiamo al linguaggio dominante al cinema e in letteratura e pulpiti, parrebbe gramscianamente stravincente, però straperde nelle urne, grazie al Signore e al buon senso della gente reale.
Mentre altresì la destra italiana fa da battistrada, vincono anche quelle che appaiono essere le destre europee; non solo quella, quasi altrettanto storica dell’Italia, dico la francese, ma, con generale sorpresa, in Ungheria, Spagna, Germania, Olanda… e ora in Austria. Se le istituzioni dell’Europa (più o meno!) unita si eleggessero a suffragio universale diretto, Ursula stessa avrebbe qualche difficoltà ad entrare in parlamento di Strasburgo; e la sua “maggioranza Ursula”, semplicemente non esisterebbe. Si vota però oggi con un sistema astutamente partitocratico, e le maggioranze sono frutto di accordi tra dirigenze; con evidente divario tra Europa rappresentata e la sua popolazione effettuale. Sempre numeri alla mano.
Concluso questo epinicio, è ora di compiere qualche analisi su questa ondata di destra, e se è una sola destra o sono delle destre, e se le destre hanno una natura comune, e se quindi si può parlare di una sola destra europea o almeno di una solida confederazione di destre. È opportuno, a modestissimo parere di chi scrive, spostare l’argomento dalla politica, e dal politichese, alla filosofia. Parola grossa, perché non si vedono all’orizzonte dei Fichte, degli Hegel, degli Schopenhauer, dei Gentile, dei Costamagna; ma sarebbe ora di volare in alto rispetto alle pur nobili esigenze del quotidiano e del pragmatico. E puntare su una cultura nettamente di destra.
Cominciamo dalla storia, che per prima ha bisogno di interventi urgenti e risolutivi. La storia d’Europa è stata ed è oggetto di ogni peggiore demonizzazione da parte di una retorica di matrice neoilluministica assorbita da una sinistra piagnona, che ha visto nell’Europa tutto quanto di più negativo. Si legge che gli Europei hanno distrutto delle genuine o immaginate civiltà, incluse quelle cannibali di lusso tipo Maya e Aztechi; o di cannibali sottosviluppati… E che il progresso tecnologico, che è quasi totalmente europeo, avrebbe causato disastri al mondo intero, incluso il caldo e il freddo: due condizioni presenti fin da quando Adamo venne cacciato dall’Eden, di cui però vengono incolpati gli Europei per non accontentarsi di noci di cocco come (secondo poeti francesi depressi del XIX secolo) in Polinesia!
Sicuro di essere capito dal lettore, mi fermo, invitando la cultura di destra a difendere ed esaltare la storia d’Europa; nel nostro caso, la storia d’Italia. La storia, non predicozzi buonisti: compreso il fatto che Dante ha messo all’Inferno il meglio del suo tempo; e ancora non aveva visto niente, il Sommo, dal 1321 al 2024! Ma la storia è fatta di uomini reali, e che vivono, quasi tutti, nella vichiana feccia di Romolo e non nella Repubblica di Platone; e alla fine di conti si trovano a loro agio in quella e non in questa. A proposito di repubbliche, la storia d’Europa è stata quasi tutta monarchica, e gli stessi Stati sono opera di qualche grande tiranno dei secoli passati; e nemmeno tanto passati.
Un corollario: la storiografia ufficiale del XIX secolo è oggi l’espediente dei disperati, e con quello si cerca di combattere le destre. Sarebbe il caso di raccontarla, la storia, per come davvero fu dal 1815 al 1945.
Dalla storia, all’immane patrimonio di archeologia e arte, che della storia è frutto; e che non è nato dalla lotta di classe marxiana, ma da quella caratteristica dell’indole europea che è il perfetto inutile, il simbolico, l’immaginifico, il rituale, l’ideale, il mito, la religione. La religione, di cui è urgentissimo recuperare la natura metafisica e non di scopiazzatura della sociologia, alla fine materialistica. È ora di ricordare che per le sinistre e Marx la religione e Dio sono una sovrastruttura ideologica della lotta di classe, e “oppio dei popoli”, citazione letterale; mentre è ovvio che una destra genuina deve affermare il dominio dello spirito sulla materia; e allo spirito crederci davvero, ontologicamente e non per modo di dire.
Su quanto precede, tutte le destre europee dovrebbero essere d’accordo. Più delicato è il problema dei diversi nazionalismi. Ne parleremo meglio in altra occasione, ma ci fu, nel XVIII secolo, un internazionalismo borghese; finché la filosofia del primo Ottocento non insegnò che ogni Nazione è un singolo organismo vivente, e ogni lingua rappresenta una sola Nazione. Di fronte al rischio di nazionalismi opposti, servirebbe un nazionalismo europeo che non dico superi, dico inglobi e sublimi i nazionalismi particolari. Con questa Europa burocratica ciò mi pare arduo, ma è proprio Strasburgo e Bruxelles che dobbiamo superare. Basterebbe, ripeto, cambiare il sistema di voto.
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